Mr. Jones, il risveglio dal mito dell'Urss e come siamo oggi: sonnambuli

Un film sull’Europa e su come è iniziato il risveglio, lento, della coscienza occidentale che a lungo ha voluto vedere nell’Unione sovietica una speranza e un sogno

Micol Flammini

Roma. Il film di Agnieszka Holland inizia con calma, lentamente come un risveglio. Presentato alla Berlinale, si intitola “Mr. Jones” ed è basato sulla storia di Gareth Jones, giornalista irlandese, giovane, ambizioso e con un interesse irrequieto per i grandi personaggi. Anzi, per i personaggi enormi e ancora in vita, che di lì a poco avrebbero trasformato il mondo in un sistema impazzito. Jones, diventato celebre anche nella realtà per aver intervistato Hitler, cerca di intervistare Stalin. Siamo negli anni Trenta, l’Unione sovietica è un esperimento a cui tutti guardano con curiosità, è in atto un qualcosa di mai visto, per molti è un successo, per qualcuno un’assurdità, ma nessuno parla ancora di orrore. Sarà Mr. Jones a svelarlo, l’orrore, e a parlare per primo di quella connotazione negativa.

 

Dopo l’intervista a Hitler, nel 1933, il giornalista capisce subito che il Führer ha idee pericolose e mire espansionistiche. Della Russia si parla molto, anzi dell’Urss, si parla dei suoi progressi industriali del socialismo, delle idee. Gareth riesce a partire con un visto per giornalisti, vuole capire come ha fatto un paese così arretrato a trasformarsi in una potenza, vuole capire meglio i piani quinquennali, presentati come un trionfo. Quando arriva a Mosca rimane confinato nella città della finzione, gira tra le sette sorelle, i ministeri tutti uguali voluti da Stalin, passeggia sotto i simboli dell’Unione sovietica, vive confinato nel mondo degli espatriati, sognatori artisti attratti dalle idee dell’Urss, sostenitori di quell’esperimento, capire la Russia da Mosca è difficile, tanto più che Jones si ritrova spesso limitato da Walter Duranty, il corrispondente del New York Times che nella vita riuscì nell’impresa di piacere sia agli americani sia a Stalin. Fu Duranty, il giudizio degli storici poi è stato poco clemente con lui, a dare all’occidente i primi racconti dell’Urss, ne era entusiasta, presentava Stalin come un leader visionario, vinse anche il Pulitzer nel 1932, un anno prima rispetto ai racconti del film della Holland. In questo mondo monumentale, marmoreo, Jones vive blindato, cerca la Russia e trova soltanto l’ideologia, ovunque. Riesce a fuggire, il suo desiderio, improvviso, è visitare l’Ucraina, il granaio. Lì trova il vero Stalin, non il capo dell’Urss in prima persona, ma incontra i risultati delle sue politiche, i suoi esperimenti, scopre le prove che l’Unione sovietica non era il paradiso. Nell’Ucraina orientale scopre la carestia, prodotto della collettivizzazione e della decisione presa dal Cremlino che tutti i prodotti dell’agricoltura dovessero essere utilizzati e reinvestiti nell’industria. L’Ucraina, paese agricolo, si ritrovò affamata, impoverita. Gareth Jones tra il gelo, la neve e i boschi,vede soltanto fantasmi, bambini ridotti a scheletri che cantano canzoni patriottiche, nenie dolorose.

 

La carestia, alla quale poi è stato dato il nome di Holodomor, nel 2008 è stata riconosciuta tra i crimini contro l’umanità da una risoluzione adottata dal Parlamento europeo. Jones si addentra in questo mondo di spettri, dove non si nasce più e si può soltanto morire. Collettivizzazione e dekulakizzazione dovevano portare alla fase finale della rivoluzione e invece determinarono la morte per fame di sette mila persone soltanto nell’Ucraina orientale. Jones non sa come reagire, inizia anche lui a patire la fame, non sa più prendere decisioni, se andare avanti o indietro, non sa come muoversi, è fuggito da Mosca e ha visto l’Urss, quella che non doveva vedere, quella senza marmo e con i simboli scalfiti, malmessi, già vecchi. Il film, che non a caso è stato diretto da una polacca, Agnieszka Holland, e sceneggiato da Andrea Chalupa, giornalista di origine ucraina, è un film sull’Europa e su come è iniziato il risveglio, lento, della coscienza occidentale che a lungo ha voluto vedere nell’Unione sovietica una speranza e un sogno. Gareth Jones, nel film, incontra anche Orwell, nella realtà non pare che i due si siano incontrati, ma lo scrittore sapeva del giornalista e ironicamente chiamerà il proprietario de “La fattoria degli animali” proprio come lui, Mr. Jones.

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