Autisti per combattere la solitudine. In Cina Uber più che un servizio di trasporto è un servizio sociale

Giovanni Battistuzzi
Dei circa duecento autisti che prestano servizio per Uber in Cina, la maggior parte considera guidare per la compagnia californiano  un modo come un altro per socializzare. A sedersi alla guida delle vetture di Uber infatti sono per la maggior parte persone benestanti, con un lavoro solido e solitamente ben remunerato, proprietari di auto occidentali di lusso.

Continua a non sfondare Uber in Cina. E poco conta se circa il 30 per cento delle corse della compagnia di trasporto privato attraverso app proviene dal paese del Dragone. I conti non tornano nonostante il passivo sia diminuito, nel 2015 ha avuto perdite per un miliardo di dollari – come ha riferito recentemente il eco Travis Kalanick –, e la quota di mercato è aumentata. Troppo forte e radicata sembra essere tra gli utenti cinesi Didi Kuaidi, compagnia competitor dell'azienda americana ma con alle spalle due aziende come Alibaba e Tencent e il supporto del governo di Pechino che in questa ha investito attraverso il suo fondo sovrano. Una compagnia da 4.000 dipendenti (Uber ne ha poco più di duecento), che opera in 400 città (rispetto alle 40 coperte dall'app californiana), 1,43 miliardi di corse nel 2015 e con utili sette volte maggiori di quelle di Uber in Cina nell'ultimo anno.

 

Competitor di settore, ma non per percezione. Perché quello che appare impossibile in tutto il resto del mondo dove Uber è odiato dai tassisti, criticato a New York dai suoi stessi autisti a causa della diminuzione delle tariffe, e visto dagli utenti come un semplice servizio da utilizzare in alternativa ai mezzi pubblici e ai taxi, in Cina, nonostante il mercato limitato, sta avendo un'importante funzione sociale: quella di essere una valvola di sfogo per combattere la solitudine.

 

Dei circa duecento autisti che prestano servizio per Uber in Cina, solo una piccola parte, il 9 per cento, considera la società di trasporto privato via app come la principale fonte di reddito, per il 30 per cento è una fonte di reddito integrativa, per i restanti è un modo come un altro per socializzare. A sedersi alla guida delle vetture di Uber infatti sono per la maggior parte persone benestanti, con un lavoro solido e solitamente ben remunerato, proprietari di auto occidentali di lusso. Uomini che non hanno bisogno dei circa 3.000 yuan (all'incirca 415 euro) che si possono guadagnare in un mese guidando per due ore al giorno, come evidenzia Zheping Huang nel suo reportage da Shanghai per Quartz.

 

Chi vuole guadagnare solitamente guarda altrove, alla concorrenza. Didi Kuaidi offre percentuali di guadagno minori, ma ha un bacino di utenza decisamente più ampio e radicato: chi si mette alla guida può riuscire a portare a casa anche 6.000 yuan a settimana a patto di guidare oltre una decina di ore ogni giorno, farlo velocemente e bene e soprattutto non essere coinvolto in incidenti. L'app cinese infatti dà la possibilità di scegliere il proprio autista in base ai feedback lasciati dagli altri utenti: lavora di più chi è più affidabile e puntuale, chi invece sgarra o sbaglia viene penalizzato dagli stessi utilizzatori del servizio.

 

Se il trasporto privato di massa è dominato da Didi Kuaidi, Uber si sta invece ricavando una nicchia ben diversa: è quella della medio alta borghesia, quella indicata dallo scrittore cinese Ha Jin come "i cinesi con meno fretta", quella che è disposta a pagare di più per farsi trasportare da automobili più confortevoli. La stessa che si mette alla guida in cerca di conversazione, nuove conoscenze, amicizie; che durante il tragitto dialoga di finanza e arte con i clienti e che non disdice appuntamenti serali nei bar più alla moda delle metropoli o per una partita di tennis.

 

L'inurbamento di massa degli ultimi vent'anni, la politica del figlio unico e le difficoltà di avviare conversazioni con sconosciuti in luoghi pubblici della grande maggioranza della popolazione cinese hanno creato infatti una classe media slegata dal contesto sociale metropolitano, con diversi problemi a interagire al di fuori del contesto lavorativo e familiare, considerando che nelle coppie al di sotto dei quarant'anni è alta la percentuale (oltre il 60 per cento) di quelle che hanno orari di lavoro differenti. Problemi resi ancora più evidenti dagli stereotipi diffusi nella società cinese che considera sconveniente e degradante prestare servizio in un bar o recarsi in un bar per chiacchierare con degli sconosciuti. Pregiudizi che invece non colpiscono i guidatori di auto private, siano queste utilizzate per lavoro o per divertimento. L'automobile infatti è considerata ancora un luogo riservato e sobrio dove fare conversazione.

 

Per rilanciarsi nel mercato cinese, secondo Quartz Uber sta puntando proprio su questo: diventare un salotto itinerante della buona borghesia cinese. Per questo da San Francisco è arrivato l'ordine di modificare la direzione del marketing e dell'offerta del comparto cinese dell'azienda: meno numeri, più qualità e soprattutto una serie di convenzioni con eventi e grossi gruppi internazionali non legati al governo di Pechino.

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