Alluvione nelle Marche: il documento che inchioda la politica regionale

Ermes Antonucci

Una delibera adottata nel 2016 dalla Regione Marche aveva previsto interventi per prevenire il rischio di una nuova esondazione del fiume Misa. Dopo sei anni, però, ancora non sono stati realizzati

Non basta puntare il dito contro i cambiamenti climatici, come ha subito fatto il segretario del Pd Enrico Letta, per commentare l’alluvione che giovedì sera ha devastato le Marche, uccidendo almeno nove persone nelle province di Ancona e Pesaro-Urbino. Non basta quando è la classe politica a dimostrarsi incapace di amministrare il proprio territorio. In questo caso un documento sembra inchiodare la classe politica marchigiana alle proprie responsabilità. Si tratta di una delibera approvata il 25 marzo 2016, nella sede della giunta regionale, dal Comitato istituzionale dell’autorità di bacino regionale delle Marche, presieduto dall’allora governatore regionale Luca Ceriscioli. La delibera prevede l’adozione di un documento redatto da una serie di esperti in materia ambientale, territoriale e urbanistica che elenca tutti gli interventi da realizzare per mettere in sicurezza il territorio e ridurre il rischio di esondazione del fiume Misa, quello che è fuoriuscito dai propri argini giovedì sera (devastando Senigallia e i paesi limitrofi) e che già era esondato il 3 maggio 2014, causando due vittime

 

“Il rischio di esondazione – si legge nel progetto – riguarda il centro abitato del comune di Senigallia e l’intera pianura alluvionale del fiume che ricade anche nei territori comunali di Trecastelli, Ostra e Ostra Vetere e Corinaldo”. Vengono quasi i brividi a leggere i nomi di queste piccole frazioni della provincia di Ancona, visto che sono state proprio queste a essere più colpite dall’ultima esondazione del fiume Misa (a Ostra sono già quattro le vittime confermate). 

 

Per “mitigare il rischio idraulico del medio e basso corso del fiume Misa e del torrente Nevola”, il progetto approvato dalla giunta individua come principale intervento “la realizzazione di un sistema di aree di laminazione”. “Tali opere idrauliche, infatti, sono gli unici interventi che possono consentire di far transitare le portate di massima piena nel tratto arginato in muratura nel centro abitato”. Il piano prevede inoltre “lavori di manutenzione straordinaria degli argini (eliminazione della vegetazione nel rispetto della normativa in materia ambientale, paesaggistica e forestale, eliminazione delle tane di fauna selvatica, riparazione, ricostruzione, miglioramento e protezione con rete metallica) e dell’alveo fluviale (riprofilatura, risagomatura e difese spondali)”. Previsti, infine, anche il rifacimento dei ponti stradali e l’adeguamento dei muri di sponda. Il documento descrive poi gli interventi in maniera dettagliata, sulla base di fasce di priorità di attuazione, prevedendo anche una stima dei costi per la loro realizzazione.

 

“Sono passati quasi otto anni dall’esondazione del fiume Misa del 2014 e solo una piccola parte di questi interventi è stata realizzata”, sottolinea al Foglio Piero Farabollini, presidente dell’Ordine dei geologi delle Marche, che quindi si dice “sbigottito” da quanto avvenuto nelle ultime ore, ma “non del tutto sorpreso”. Il motivo? “L’evento di giovedì sera è stato certamente qualcosa di eccezionale, visto che in poche ore sono caduti 420 millimetri di pioggia, che corrisponde alla metà del quantitativo annuale che cade in queste zone. Tuttavia, i danni degli allagamenti e delle esondazioni che si sono verificati si sarebbero potuti mitigare con un adeguato lavoro di prevenzione”.

 

Negli ultimi anni, spiega Farabollini, sono stati realizzati alcuni lavori di ripristino degli argini del fiume Misa, “ma soltanto lo scorso aprile la nuova giunta regionale ha firmato la consegna dei lavori per la realizzazione delle vasche di laminazione, che costituiscono le opere principali da realizzare, perché in occasione di piene come quelle della scorsa notte avrebbero effettivamente contribuito a evitare l’esondazione del fiume”. “Ciò significa che da quando sono stati indicati gli interventi da realizzare a quando sono stati consegnati i lavori per la loro realizzazione sono passati sei anni, un tempo abnorme”, evidenzia il presidente dei geologi marchigiani, che ricorda: “Nel comune di Senigallia dal 2018 esiste un piano di adattamento ai cambiamenti climatici ed è stato costituito il Contratto di fiume Misa-Nevola, strumenti finora non utilizzati”. 

 

Insomma è vero, come evidenziato anche da Farabollini, che “il clima è cambiato, gli eventi estremi sono sempre più frequenti e lo diventeranno sempre di più nel futuro”, ma tutto ciò non può diventare un alibi per una classe politica addormentata, distratta, se non addirittura disinteressata alla gestione del territorio