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non solo marche

20 anni di alluvioni in Italia: il mal tempo torna, il dissesto idrogeologico resta

Redazione

Dai nubifragi del 2000 a Soverato, in Calabria (14 decessi), alle piogge del 2013 in Sardegna (3 morti): in Italia le tragedie sono ricorrenti ma l'assenza di investimenti per mettere in sicurezza il territorio è permanente

Ottobre 2021: in Sicilia, le piogge torrenziali abbattutesi nelle province di Catania e di Siracusa provocano tre morti. Il 3 novembre 2018, a Casteldaccia, in provincia di Palermo, nove persone perdono la vita annegate a causa dell'esondazione di un torrente. E ancora: 18 novembre 2013, un fronte temporalesco dal Mar Tirreno si sposta verso la Sardegna nord-orientale e provoca 18 decessi in diverse zone dell’isola.

Se ne parlerà a lungo, nei prossimi giorni, della bomba d'acqua che ha allagato diversi centri nell'entroterra marchigiano (le vittime accertate, al momento in cui viene scritto questo articolo, sono nove). Eppure, basta un rapido recap – limitato alle principali alluvioni e inondazioni avvenute in Italia negli ultimi venti anni – per capire che il vero disastro, da sempre, è l’inadeguatezza delle strutture che possono mettere in sicurezza i territori.

Nel decennio passato, ad esempio, è impossibile dimenticare il dissesto idrogeologico che nell’ottobre 2009 si abbatté sul messinese (36 morti), gli allagamenti in Piemonte dell’ottobre 2000 (23 morti, 11 dispersi e 40 mila sfollati) e i 441 millimetri di pioggia caduti sul territorio di Soverato, nel lembo di costa tra Catanzaro e Reggio Calabria (14 anime). Era settembre del 2000, esattamente 22 anni fa, e anche lì, come nelle Marche oggi, sono caduti poco più di 400 millimetri di acqua: l'equivalente di quello che in media accade in circa sei mesi. 
 

 

Tutto questo, ben prima che il cambiamento climatico diventasse un argomento popolare com'è oggi. Ben prima, per esempio, del primo sciopero di Greta Thunberg il 20 agosto 2018 e della nascita del movimento internazionale dei Fridays for future. Eppure ancora oggi, di fronte alla tragedia nelle Marche, la politica reagisce parlando genericamente di lotta al cambiamento climatico. Ma l'errore è trasformare questa lotta in un alibi per non agire concretamente sul territorio, intervenendo sul cosiddetto dissesto idrogeologico a partire per esempio dalla messa in sicurezza dell'argine dei fiumi. 

 

Nel nostro paese, dall’inizio della crisi economica del 2008 e fino al 2019, gli investimenti pubblici sono diminuiti di oltre un terzo, e quelli per le infrastrutture – se nel 2009 hanno raggiunto quota 29 miliardi – al 2017 ammontavano a soli 16 miliardi all’anno. Tutto ciò è il risultato di specifiche scelte di politica di bilancio. Scelte che hanno portato il paese a contenere la spesa, agendo per lo più sulla componente in conto capitale e meno su quella corrente, scrivevamo su queste pagine.

Scelte politiche pensate, formalizzate e attuate. Nello specifico: nel luglio del 2018 il Movimento 5 stelle ha cancellato la Struttura di missione sul dissesto idrogeologico, cioè il dipartimento che si occupava di coordinare gli interventi urgenti su un territorio, quello italiano, ormai considerato fragilissimo (come dimostrano anche le cronache di queste ore). Poi, a novembre del 2018, ecco che Sergio Costa, il generale della Guardia forestale che il M5s ha proiettato alla guida del ministero dell’Ambiente, ha persino rifiutato i prestiti agevolati della Banca europea degli investimenti: circa ottocento milioni di euro. Una cifra colossale, per interventi di messa in sicurezza e prevenzione concentrati soprattutto al centro-nord. 

Da questi interventi occorre ripartire. Perché se la grande questione del cambiamento climatico è tanto complessa da sfuggire alle scelte di un singolo paese o di una regione, è invece alla portata di qualsiasi amministrazione locale l'impegno minimo a garantire manutenzione e cura del territorio amministrato. 

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