Le Mani pulite. Quando fu che Milano infettò l'Italia
I milanesi che urlavano fuori dal tribunale sono gli stessi che poi gridarono “vaffa”, e poi contro i vaccini
Massimo Gramellini è un giornalista importante, curatore di un corsivo sul Corriere della Sera, e può pensare e scrivere quello che vuole. Il che comporta anche una responsabilità, non solo verso i lettori ma anche verso il suo giornale stesso. A volte la responsabilità non risiede nella veridicità delle informazioni, è una responsabilità verso la storia. La storia comune di giornali e lettori. Ieri ha scritto dell’ipocondria che ci ha presi tutti, e della fiducia che in ogni caso gli dà Milano, città martire degli untori ma anche quella in cui “si sono fatti, e resi pubblici, più controlli”. Solo che poi sbanda sulla metafora: “Ricorda i tempi di Tangentopoli, quando Milano passò per la capitale della corruzione, mentre era solo il posto in cui si cercavano (e si raccontavano) meglio i corrotti”. Per senso di responsabilità, Gramellini dovrebbe sapere che i milanesi che urlavano fuori dal tribunale e chiedevano mani pulite sono gli stessi che poi gridarono “vaffa”, e poi gridarono contro i vaccini e poi portarono al potere una presunta classe politica populista e smandrappata che, oggi, è tra i responsabili del fatto che ci tocca tutti lavarci le mani. Quelle Mani pulite furono il momento in cui Milano incominciò a infettare l’Italia.
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