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La realpolitik vaticana spiegata dallo storico: “Hong Kong è Cina, non occidente”

Matteo Matzuzzi

Il prof. Giovagnoli contro chi soffia sul fuoco

Roma. La situazione a Hong Kong è sempre più grave, anche la protesta degli studenti da pacifica ha assunto ormai tratti sempre più violenti. Pechino fa sentire la propria presenza con moniti e minacce, dall’altra parte la risposta non è certo col ramoscello d’ulivo in bocca. Una situazione delicata anche per le gerarchie cattoliche, che localmente hanno inizialmente visto di buon occhio le manifestazioni, salvo poi dover richiamare tutti alla calma. Un po' per pragmatismo, un po' per allinearsi alla posizione di Roma e un po' per timore delle conseguenze. Lo dimostra l’atteggiamento dell’amministratore apostolico della diocesi, il cardinale John Tong Hon, da tempo prudente nel mantenersi neutrale, a differenza del predecessore, il ben più combattivo cardinale Joseph Zen che da anni rimprovera il Vaticano di aver ceduto ai ricatti di Pechino senza spendere una sola parola di solidarietà verso i manifestanti. Nulla da Roma è stato detto, infatti, evitando così di irritare i governanti cinesi e mettere in pericolo l’accordo provvisorio siglato poco più di un anno fa sulla nomina dei vescovi.

 

Per comprendere la posizione vaticana è utile leggere un articolo pubblicato su Cattolica News (Università Cattolica del Sacro Cuore) a firma del professor Agostino Giovagnoli, docente di Storia contemporanea presso la facoltà di Lettere e filosofia al campus milanese. Giovagnoli è un accademico di rango ed è come pochi in grado di leggere le direttrici dell’attuale linea politico-diplomatica, se non altro perché fa parte della Comunità di Sant’Egidio, che con il Papa regnante ha un canale di comunicazione assai importante. Il commento dello storico fa luce sul perché dell’atteggiamento di Roma riguardo alle vicende di Hong Kong. Manifestata “simpatia” per i giovani che protestano, riconosciuto che “è la mancanza di prospettive a rendere così violenta la protesta”, Giovagnoli sottolinea però che “la rabbia non è una buona consigliera”. Ora, spiega, “è necessario avviare una riflessione più lucida e un’analisi più profonda. A chi giova tutto questo? Forse a nessuno e soprattutto non giova agli studenti che protestano e agli abitanti di Hong Kong nel loro complesso. Le prese di posizione internazionali sono condivisibili se mirano se mirano a ottenere clemenza per i giovani coinvolti nelle proteste di questi mesi. Ma diventano discutibili se vogliono suggerire che l’occidente possa o voglia giocare un ruolo vero in questa partita”. Quindi, ecco il punto fondamentale: “Il futuro di Hong Kong è la Cina, non l’occidente”. Il problema è che, scrive Giovagnoli, “molti che soffiano sul fuoco sembrano agire come se non fosse così. In questo modo però ingannano i giovani che protestano e non li aiutano a costruire un futuro migliore dentro un orizzonte che lo stesso occidente ha contribuito a costruire, che si è ormai consolidato e che appare oggi segnato. C’è chi parla di una nuova Guerra fredda. C’è da augurarsi che non sia così, per moltissimi motivi. Anche per non rivedere le scene che si sono viste durante la prima Guerra fredda, quando la propaganda occidentale denunciava e condannava quanto avveniva nell’altro campo, mentre nessuno poteva o voleva fare nulla per aiutare chi si trovava in situazioni tanto drammatiche”. La migliore e più chiara spiegazione alla politica realista perseguita dalla Santa Sede nei riguardi della potenza cinese.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.