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L'indagine sul mercato ortofrutticolo tocca le radici di Cosa Nostra

Massimo Bordin

Il potere economico della mafia si intreccia con le cooperative agricole. Per questo bisogna tenere d'occhio il lavoro della Dia

L’indagine della Dia sul mercato ortofrutticolo palermitano non è da considerare una vicenda minore. E’ invece un passaggio importante nella repressione di Cosa nostra a Palermo. Non si tratta tanto dei beni sequestrati per milioni di euro e nemmeno del fatto che fra i nomi degli indagati riaffiori, perché come vedremo fra un attimo non è nuovo in vicende del genere, quello del fratello di Totò Riina, Gaetano.

 

Va sottolineato che il controllo dei mercati ortofrutticoli, e naturalmente tutto l’indotto e la filiera di produzione, è una antica attività mafiosa che risale nel tempo, ancor prima che iniziasse il traffico di droga o la speculazione edilizia, che non è stata mai dismessa. Tanto è vero che l’operazione di polizia di due giorni fa segue di tre anni una analoga inchiesta sui grandi mercati di Fondi e Giugliano in Campania, dove emersero contatti fra Cosa nostra (ancora Gaetano Riina), i casalesi e il clan Mallardo di Giugliano.

  

All’epoca questa rubrica ne parlò, ricordando fra l’altro come alla camorra dell’ortofrutta Francesco Rosi avesse dedicato il primo dei suoi film nel 1958, “La sfida”, che raccontava l’ascesa e la morte del camorrista Pascalone ’e Nola. Storie vecchie, appunto, consolidate tradizioni criminali che agli ingenti guadagni aggiungono il capillare controllo del territorio. Per questo c’è da sperare che queste indagini che negli ultimi anni si sono intensificate producano risultati che sarebbero importantissimi perché colpirebbero le radici economiche e sociali del potere mafioso. Che certo è arrivato a Wall Street ma sempre di strutture come la “cooperativa ortofrutticola Santa Rosalia” ha bisogno per essere se stesso.