Gli avvocati che difendono i mafiosi non vanno demonizzati

Da magistrato vi spiego perché gli avvocati dei mafiosi non vanno demonizzati

Domenico Gozzo*

Non usiamo la lotta alla mafia contro lo stato di diritto

Leggo sui giornali di una polemica relativamente alla indicazione, quale membro di un comitato legato alla commissione antimafia lombarda, di un avvocato, che sarebbe non degno di rivestire questo incarico perché ha difeso mafiosi. Tra questi, viene indicato come principale “capo di imputazione” l’ex capo di Cosa Nostra Salvatore Lo Piccolo. Premetto che non conosco l’avvocato in questione, ma essendo una questione di principio, penso di potermi ugualmente esprimere. Del resto, visto che il principale capo di incolpazione è la difesa di Lo Piccolo, io che Lo Piccolo ho contribuito a catturarlo il 5 novembre 2007, penso di avere quantomeno diritto di intervenire su di una questione che a mio personale avviso, rischia di fatto (al di là delle buone intenzioni di chi la pone) di gettare un’ombra sinistra sulle istituzioni antimafia di questo paese. 

  

Mi pare ovvio che l’antimafia non è e non può essere solo una questione di magistrati, parenti delle vittime e avvocati di collaboratori o parti civili… l’anti mafia ha bisogno di tutti, e di tutti gli operatori del diritto, avvocati in primis, e deve essere una “precondizione” politica: non può e non deve esistere una forza politica che non abbia nel suo Dna l’antimafia. Questo è quello cui tutti dobbiamo tendere. Non un’antimafia solo dei duri e puri, ma un’antimafia di tutti. Ed è importante che la lotta alla mafia non diventi un pretesto per rinunziare, o per sottovalutare, concetti e diritti fondamentali: ho sentito tante volte, sui giornali ma anche sul web, sostenere che per i mafiosi il diritto non dovrebbe valere, che si dovrebbero uccidere tutti, che non hanno diritto alla salute e devono rimanere in carcere anche se gravemente malati, ed altre assurdità del genere. 

  

Dobbiamo stare molto attenti: perché da una idea giusta, senza il rispetto della legge e del diritto, può nascere anche una dittatura. E’ chiaro che il sentimento antimafioso è di per se giusto. La mafia, come diceva Peppino Impastato, “è una montagna di merda”. La violenza insita nei comportamenti mafiosi, la sopraffazione del forte sul debole, la straziante storia delle nostre Stragi, tutto ci porta ad essere convintamente antimafiosi. Ma qualsiasi idea deve inserirsi in un quadro di principi: i principi della nostra Costituzione, più volte riaffermati anche nel voto come giusti dal popolo italiano. Tra questi principi, ci sono anche quelli dello stato di diritto: il diritto ad una difesa, ad una giusta e chiara imputazione, ad un processo equo, alla salute (anche e soprattutto in carcere) etc... Il difensore è sempre architrave dello stato di diritto. I romani dicevano che il processo è un atto di tre persone, giudice, attore e convenuto, e cioè, nel processo penale, giudice, pm ed avvocato difensore.

 

Senza una di queste persone, il processo non è equo. Il processo non può stare in piedi. Non c’è giustizia. Trovo buffo che una persona sia parte essenziale del processo, l’atto più alto della giustizia, e che non possa essere parte di una commissione antimafia. Ha difeso mafiosi? Li ha difesi, appunto. Non è mafioso per proprietà transitiva. Si dice in maniera sprezzante “avvocato di mafia”: ed allora ci sono anche gli “avvocati di corruzione”, quelli “di truffa”, etc...? E’ molto difficile fare l’avvocato di mafiosi. Il mafioso è abituato ad usare la violenza e vorrebbe utilizzarla anche nei confronti dell’avvocato. Vorrebbe che l’avvocato si piegasse ai suoi voleri. Se si fa bene l’avvocato, e la stragrande maggioranza dei difensori – vi assicuro da pm – lo fa, si rischia anche in prima persona. Questo lo sa chiunque le aule di giustizia le frequenta.

 

Se poi, invece, si cede alle richieste dei mafiosi, non è più una questione di fare parte o meno di una commissione antimafia: si arriva alla possibile responsabilità penale. E questo vale per tutti, non solo per gli avvocati. Ma nessuno, nel caso di specie, ha richiamato una ipotesi del genere. Per questo, pur stimando Nando Dalla Chiesa, non posso condividere la sua campagna contro un avvocato, che, si badi bene, non è “di mafia”, ma “solo” un avvocato. E con la sua esperienza di difensore può portare, a mio avviso, armi in più per la comprensione del fenomeno mafioso, che possono veramente arricchire una commissione antimafia.

* Domenico Gozzo è sostituto procuratore generale di Palermo