La bella di Lodi, un film del 1963 diretto da Mario Missiroli e interpretato da Stefania Sandrelli, al tempo diciassettenne. È tratto dalla prima versione del 1960 del romanzo omonimo di Arbasino

La bella di Lodi

Roberto Maroni

Una storia d'amore tra incontri furtivi e fughe notturne, su e giù per l’Italia, fatte di nascosto per eludere i divieti dell’autorità. Così Arbasino ci ricorda che ce la faremo anche noi

Oggi rendo omaggio ad Alberto Arbasino, un grande italiano che ci ha appena lasciati. Arbasino è stato scrittore, giornalista, poeta, critico teatrale e anche (ma solo “anche”) politico. Tra i protagonisti dell’avanguardia letteraria degli anni 50, la sua produzione comprende romanzi (il graffiante “Fratelli d’Italia” racconta le traversie vissute negli anni 60 da due giovani omosessuali) e saggi (tra tutti segnalo “Paesaggi italiani con zombie”, che narra i disastri prodotti dal politicamente corretto: lettura raccomandata a chi vive troppo chiuso nei palazzi romani).

 

Tra le tante opere uscite dalla sua prolifica penna ne scelgo una, che sembra scritta oggi e non nel 1963: “La bella di Lodi”. E’ il racconto della storia d’amore tra una giovane della buona borghesia e un ragazzaccio che fa il meccanico. I due si conoscono casualmente su una spiaggia della Versilia e sono subito attratti l’uno verso l’altra. La storia si snoda attraverso incontri furtivi e fughe notturne, su e giù per l’Italia, fatte di nascosto per eludere i divieti dell’autorità (patriarcale).

 

Siamo in pieno boom (economico, non virale), con confini da rispettare (sociali, non nazionali). Ma la forza di volontà dei protagonisti supera ostacoli e avversità e la coppia, alla fine, ce la fa: riconquista la vita normale di sempre, fatta di famiglia, rapporti sociali, lavoro e musica. Già, proprio quella “vita normale” che oggi ci manca tanto. Beh, ce l’hanno fatta nel romanzo, ce la faremo anche noi. Stay tuned.

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