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Milano all'alba va già di corsa

Giulio Silvano

L'esposizione alla Triennale delle fotografie di Giovanna Silva in una mostra intitolata "City, I listen to your heart". Scattate all'alba, sono tour intensivi sulla Milano architettonica moderna e contemporanea

"Mi sono rovinata le ginocchia ad andare tutte le mattine a correre alle sei per raggiungere le architetture prima del traffico” dice al Foglio Giovanna Silva all’inaugurazione della sua nuova mostra fotografica in Triennale: Milan. City, I listen to your heart. Il titolo è una citazione di Alberto Savinio, già “nume tutelare” della fotografa-editrice per il libro Never walk on crowded streets. Ma se a Roma si passeggia, a Milano si corre; bisogna seguire lo spirito della città in cui ci troviamo. Quasi un’operazione performativa, sneakers & iPhone o bici & Canon. Le corse all’alba vanno avanti per un anno intero, da settembre a settembre, partendo e finendo al Gallaratese, quartiere costruito ex-novo negli anni Sessanta.

 

Le mappe – che possiamo seguire nel bel catalogo di Mousse publishing – sono dei tour intensivi sulla Milano architettonica moderna e contemporanea. “Per me era anche un modo per andare a vedere quello che ho studiato all’università”, continua Silva, che è anche architetto. Piacentini, BBPR, Aulenti, Grafton, Gregotti, Gio Ponti, Magistretti, Boeri. Un atlante del best of, ma senza effetto cartolina o intenzione di archivio, zero didascalico, un collage di indizi e dettagli. “Gli architetti e le riviste vogliono che tutto sia pulito, per reazione io cerco un po’ la parte sporca”. E la location segue questa linea: le foto sono attaccate al cemento ruvido e brutalista della scala archi-scultura di Carlo Ramous e Carlo Bassi, uno scrigno funzionale, cuore nudo dietro al bookshop, dove son visibili tubi e cavi, interruttori e centraline. E la forma dello spazio, la semi elicoidalità delle scale, crea una sorta di effetto tornado in cui si è circondati da frammenti urbani, pezzi meneghini che a volte sembrano una moderna capitale europea e a volte momenti atemporali di sovietismo baltico, complice la neve.

 

Le foto, raccolte in gruppi che appaiono casuali – ma non lo sono – disorientano piacevolmente mentre i diversi formati creano plurime dimensioni, aiutati anche dalle posizioni di prospettiva angolare, spigolosa, che troviamo negli scatti: che siano i triangoli del monumento a Pertini di Aldo Rossi o l’angolo di una casa popolare con le tapparelle di alluminio scolorito. Una celebrazione poi della palette Milano: quel rosso morbido di Bob Noorda, quello del biscione di Milano2 e delle colonne di Aymonino, e il giallo dei monopattini e delle foglie e della metropolitana, oltre al grigio-argento del vetro e del cemento su cui riflettono nuvole, alberi o altri palazzi in costruzione. “Poi ho avuto culo, per la luce. C’è un’atmosfera metafisica, un po’ sospesa, quando la città ancora dorme”.

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