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“Come l'invisibile si fa visibile” o dell'effetto virtuoso paralimpico

Marianna Rizzini

“Il circolo virtuoso delle Olimpiadi non è solo economico: pensate per esempio ai disabili”. Parla Luca Pancalli (Cip)

Roma. “Miracolo a Milano (e a Cortina)”, era il titolo cubitale di ieri su Repubblica alla notizia dell’assegnazione olimpica per il 2026, tra sette anni. “La vittoria di Milano e Cortina”, era il titolo altrettanto cubitale del Corriere della Sera. E il miracolo principale, per un giorno, copriva quello che, nelle parole di Luca Pancalli, presidente del Comitato paralimpico italiano intervistato ieri mattina a “Radio anch’io”, si presentava come miracolo collaterale e persistente, ipotesi che si è fatta realtà dopo i Giochi estivi di Londra: la trasformazione non soltanto di una città ma di una mentalità. 

   

Dice infatti Pancalli al Foglio che l’intero progetto di candidatura italiano, progetto che “abbraccia un’unica visione di Olimpiadi e Paralimpiadi invernali”, non è soltanto l’idea di un grande evento “dal punto di vista della possibile crescita economica, degli incontri, degli investimenti”, ma “molto di più, perché permetterà di conseguire risultati concreti a livello di crescita culturale e sensibilità sociale”. “L’invisibile e l’intangibile agli occhi dei più”, dice Pancalli, si farà “visibile e tangibile” e non solo per l’adeguamento delle strutture, delle architetture e dei trasporti: “Ci sarà una risposta alle Paralimpiadi capace di trascendere l’evento sportivo in sé, e a partire da oggi, dalla preparazione, dall’informazione, specie nelle scuole. I bambini di oggi potrebbero essere i volontari del 2026, per esempio, se si comincia subito a parlare loro di diversità come risorsa”. 

     

Luca Pancalli con Giovanni Malagò a Losanna (Foto LaPresse)

   

Il circolo virtuoso si innesca immediatamente, già con l’annuncio dell’assegnazione, dice Pancalli, ex atleta e da molti anni dirigente, “perché porta a una diversa percezione del sistema valoriale che ruota attorno alle Paralimpiadi: percezione che riguarda la qualità della vita e l’avanzamento culturale e sociale. Questa è anche un’occasione di crescita civile, un’occasione di partecipazione attiva che non resterà fine a se stessa, e non sarà limitata all’uso dei nuovi impianti – cosa molto importante per cittadini e turisti, certo, ma non l’unica. Basti pensare che dopo le Paralimpiadi di Londra un milione di disabili hanno trovato un posto di lavoro”. E il ricordo va anche alla Londra in cui, nel 2012, le Paralimpiadi finirono sotto i riflettori per giorni e giorni: Alex Zanardi, ex pilota reduce da un incidente gravissimo che molti anni prima, nel 2001, lo aveva portato all’amputazione degli arti inferiori, aveva conquistato una medaglia d’oro con la handbike. “Impresa straordinaria”, avevano allora gridato cronisti, turisti e osservatori, di fronte a quel ritorno al podio, dopo la tragedia e gli anni di allenamento in varie discipline sportive paralimpiche. E l’impresa di Zanardi aveva fatto riflettere sulle potenzialità delle Paralimpiadi come esempio di “ripensamento” delle qualità di vita e convivenza con la disabilità e come potenzialità e viaggio verso un mutamento di prospettiva. Non si è più tornati indietro, dice Pancalli – che ora, di fronte ai sette anni che separano l’Italia dalla “Milano-Cortina”, non vede l’ora di “partire per l’avventura”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.