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Editoriali

Lo strano senso di Greta Thunberg per Gaza

Redazione

Tutto bello, ma nelle prese di posizione dell'attivista per l'ambiente manca qualcosa. Per esempio, una virgola su Israele e il suo popolo massacrato il 7 ottobre. Il solito manichesimo acchiappa clic

"Oggi scioperiamo in solidarietà con la Palestina e con Gaza. Il mondo ha bisogno di far sentire la sua voce e chiedere un immediato cessate il fuoco, oltre a ottenere giustizia e libertà per i palestinesi e tutti i civili coinvolti". Tutto bellissimo, come sempre, il post social di Greta Thunberg. Peccato che non ci sia neanche una virgola sui 1.400 israeliani assassinati all’alba del 7 ottobre, i bambini e i vecchi massacrati, i 200 rapiti oggi dentro Gaza, le coetanee di Greta uccise nel tiro al piccione al rave party, le stuprate, le umiliate come bottino di guerra per le strade di Gaza City.

 

Il manicheismo di cui si nutre la militanza acchiappa clic di Greta è il regno del binario: dominanti o dominati, razzisti o antirazzisti, carnefici o vittime. E va da sé che Israele, simbolo dell’occidente, del progresso, delle libertà e del benessere in una regione dove abbondano miserie, carceri e patiboli, non può essere mai una vittima, neanche il 7 ottobre, quando a finire sterminati da Hamas sono stati venti villaggi ebraici di sinistra e pacifisti, i kibbutz, che hanno fatto fiorire il deserto (gli ecologisti non dovrebbero stare con Israele?).

In  “Why we strike again” - l’editoriale scritto da Greta Thunberg durante la Cop26 per spiegare perché è importante protestare – si leggeva: “La crisi climatica non riguarda solo l’ambiente. I sistemi di oppressione coloniale, razzista e patriarcale l’hanno creata e alimentata. Dobbiamo smantellarli tutti”. Non è che nella testa di questi arruffoni verdi Israele è uno di quei “sistemi” (a Teheran e Gaza la chiamano “entità”) da smantellare? D’altronde, più di un ecologista ideologico da anni prova a spiegarci che il terrorismo islamico è una conseguenza della desertificazione, della penuria d’acqua, del riscaldamento climatico e che i suoi predoni non gridano “Allahu Akbar”, ma “vogliamo un mondo più verde”.

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