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saverio ma giusto

È già nostalgia di un'èra in cui i comici compravano casa con le battute su Berlusconi

Saverio Raimondo

Trimalcione contemporaneo, caricaturale in ogni sua espressione, il Cav. era un boccone satiricamente troppo ghiotto, un irresistibile banchetto per battutisti e vignettisti. Poi la personalizzazione ha inaridito il genere

Silvio Berlusconi per la satira italiana è stato croce e delizia. Innegabile Musa, Berlusconi coagulava in sé tutti i temi portanti del genere, specie il binomio Sesso&Potere. Era un Nixon, ma con i vizi di un Kennedy: dal punto di vista di chi lavora nel settore del castigat ridendo mores, una manna dal cielo – al netto del fatto che quella manna fossero locuste, anzi proprio per questo. Del resto Silvio Berlusconi era lombrosianamente destinato a essere un oggetto satirico, con quel corpo grottesco (i lifting, i trapianti) accentuato da elementi iconici (la bandana, i rialzi alle scarpe) che ne esaltavano la decadenza, e lo stile personale (il barzellettismo compulsivo, la ricchezza volgarmente ostentata) di una rara cafonaggine e maleducazione. Vero e proprio Trimalcione contemporaneo, caricaturale in ogni sua espressione, era un boccone satiricamente troppo ghiotto, un irresistibile banchetto per battutisti e vignettisti; e se da una parte questa è stata la fortuna di un genere – la satira, appunto – altrimenti da sempre elitario e di nicchia, che in quegli anni in Italia fu baciato da una vertiginosa popolarità (solo con Berlusconi si è verificato un fenomeno mai accaduto prima e che difficilmente si ripeterà: a fare satira ci si compravano le case), dall’altra questo fenomeno ha fatto sì che per troppi anni fare satira nel nostra paese abbia significato solo ed esclusivamente fare battute su Berlusconi: una personalizzazione che ha inaridito il genere, appiattendolo sulla monotematicità. I governi Berlusconi hanno segnato anni in cui la satira in Italia è stata sì di successo, ma a patto di smarrire la sua identità: nel farsi militanza e controinformazione, nel farsi denuncia invece che provocazione, la “satira anti berlusconiana” smarrì la vera carica eversiva della satira, cioè l’ambiguità, per ergersi su un piedistallo – antitetico allo statuto satirico. Furono gli anni in cui i comici satirici erano autorevoli, cioè non più tanto divertenti né satirici – data la natura costitutivamente anti autoritaria della satira. Quella produzione satirica è sfociata nel Movimento 5 stelle, partito politico guidato da un comico – e finale tragicissimo di quella stagione “artistica”.

Ho iniziato a lavorare a 18 anni scrivendo appunto battute su Berlusconi: questo era quello che chiedeva il mercato, e la domanda era molta. Col tempo, sviluppando un mio stile e una mia voce, trovavo molto più divertente fare battute su chi Berlusconi lo eleggeva piuttosto che su di lui; ma – vedi sopra – era impossibile resistere ogni tanto dallo sfornarne qualcuna ad personam, specie negli anni gloriosi del “Bunga-bunga”. Non so esattamente quale sia stata la mia prima battuta su Berlusconi; dai miei archivi, la più vecchia alla quale sia risalito è la seguente, relativa al nostro coinvolgimento nella guerra in Afghanistan: “Il Times di Londra ha rivelato che il governo Berlusconi avrebbe pagato i Taliban in Afghanistan. Ma Berlusconi ha smentito: ha detto che lui non ha mai scopato con un talebano”. L’ultima, la più recente, risale a febbraio di quest’anno, a commento dell’assoluzione di Berlusconi dal processo Ruby: “Per festeggiare, le olgettine hanno mandato a Berlusconi un pullman pieno di giocatori del Monza”. In mezzo, sono cambiate tante cose: a cominciare dal fatto che quando ho iniziato a lavorare in tv le battute su Berlusconi non si potevano fare (quella sui Talebani era destinata ai live); poi invece sì – quell’ultima è stata trasmessa in diretta serenamente.

E questo pezzo era il mio requiem: a Silvio Berlusconi e a tutte le battute su di lui.

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