IL RICORDO

L'Italia inimmaginabile del nostro Cav.

Giuliano Ferrara

Calcio, tv, politica, sesso, galanteria e fantasia sfrenata. Tutte le libertà di Berlusconi, a partire da quel giorno a via di Santa Maria dell’Anima, a rifare l’Italia

Via di Santa Maria dell’Anima è una strada romana che costeggia Piazza Navona, l’ingresso non è lontano dall’Hotel Raphaël. C’è lì un appartamento molto bello e scongegnato e pieno d’ombra e oscurità, come spesso le dimore storiche della capitale. L’appartamento è un’ampia ma non vastissima planimetria disegnata a “elle” con corridoio-ingresso salotto studiolo camera da letto e dall’altra parte saletta da pranzo e cucina contigua. Vi si accede con un ascensore moderno, ma la via reale è una scala magnifica elicoidale con i gradini piani, distanziati e buoni per i carichi trainati dagli asini. L’atmosfera estetica, parliamo del retro di Sant’Agnese in Agone, è borrominiana, e notoriamente la facciata della chiesa che dà sulla piazza il grande barocco la volle concava, si dice per dare risalto alla cupola.

   

    

L’inquilino in affitto di via di Santa Maria dell’Anima, dove il grande connaisseur Maurizio Chiari aveva lasciato testimonianze del suo stile d’interni, ne fece la base di partenza della sua avventura politica ineguagliabile. Era un uomo barocco anche lui, che si diceva concavo e convesso, flessibile e amabile con chiunque a seconda delle circostanze, un ospite perfetto e cortese, umile e sorridente con i suoi denti d’acciaio. Era Silvio Berlusconi, che teneva la televisione in cucina e, seduto con i suoi intorno alla mensa, veniva avvertito dalla segretaria Marinella e dal cuoco Michele, tra peperoni tagliati di fino e pietanze in via di cottura, di quanto scorreva sul teleschermo invaso dalla sua immagine e dalla guerra che a quell’immagine si è fatta per oltre vent’anni

      
Ora che è morto a una venerabile età, notizia attesa che non esclude come un moto acre di sorpresa, lo sprazzo di dolore e il morso del ricordo sono di tutti gli italiani di un paio di generazioni. Con lui l’inimmaginabile è diventato cronaca e storia di una nazione intera saziata del cibo che solum è suo, calcio, tv, politica, sesso e galanteria, humour sboccato e fantasia sfrenata. “Fortis imaginatio generat casum (Una forte immaginazione genera l’evento), dicono i dotti. Io sono di quelli che sentono moltissimo la forza dell’immaginazione. Tutti ne sono colpiti, ma alcuni ne sono sconvolti. Il suo stigma mi trafigge. E la mia astuzia è di sfuggirle, non di resisterle. Vorrei vivere solamente in compagnia di persone sane e allegre” (Michel de Montaigne). Questa era la libertà, commerciale politica e profetica, del grande brianzolo d’adozione chiuso nel buco di via di Santa Maria dell’Anima a rifare l’Italia, “il paese che amo” secondo il suo incipit più celebre, che veniva spronato dallo stigma dell’immaginazione. 

  

     

Inutile ripercorrere il labirinto delle sue grandezze, dei suoi errori, delle sue sconcezze culturali, delle sue invenzioni clamorose, delle sue raffinatezze, del suo linguaggio benigno e oltraggioso, dei suoi incantamenti. Fu osteggiato in politica come nemico della democrazia, e ci ha lasciato l’alternanza di forze diverse al governo. Fu dileggiato per il suo pseudoliberalismo, e ha reso il mercato aperto un tema di azione e intrattenimento popolare, dilatando marketing e consumi prosperosi. Fu vilipeso come criminale, e ancora adesso si fanno i conti con la casta codina che ha derubato il paese di una vera giustizia.

 

Fu impiccato alle sue bugie bianche, numerose e versatili, ma Montaigne aveva avvisato che il linguaggio è un intrico di meandri inesplorabili con la falsa costumatezza: “Anche nello studio che faccio dei nostri costumi e dei nostri atti le testimonianze favolose, purché siano credibili, servono al pari di quelle vere... Ci sono autori il cui scopo è raccontare i fatti. Il mio, se potessi arrivarci, sarebbe di parlare di ciò che può accadere”.

 

Gli diedero anni di galera poi cancellati per i suoi rapporti festaioli con le donne, e fu invece celebrato dal paese che ama come una macchina desiderante in azione spericolata e selvaggia al culmine della crisi di un matrimonio. Fu leale con Craxi come con la signora El Mahroug, quasi allo stesso titolo. Chi fu contro di lui, in quel labirinto ci si perderebbe di nuovo. Chi fu con lui, e lo fu con accanimento, convinzione, affetto, conosce già la via d’uscita. Chi lo ha accusato con animosità va lasciato nella sua bolla di invidia astiosa.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.