Così la grillina Fattori (ri)scrive la propria storia antiscientifica e quella del M5s
Il libro della senatrice, “Il Medioevo in parlamento”, è interessante soprattutto per quello che non dice
Scritto con buona prosa dalla senatrice del M5s Elena Fattori, “Il Medioevo in parlamento” è interessante per quello che non dice. Non c’è una tesi ed è sbagliato fin dal titolo. Nel medioevo nessuno avversava la scienza o dava la “caccia alle streghe”: come si possono ripetere luoghi comuni falsi, sedendo sugli scranni del Parlamento? Questi vivono su internet, ma non leggono Wikipedia. A parte il solito mantra da analfabeti in filosofia politica, cioè che “la scienza non è democratica”, cosa pensi l’autrice dei rapporti tra scienza e politica, non si capisce. Si intuisce che la politica avrebbe il compito di controllare che la ricerca non venga inquinata dai conflitti di interesse. Una visione riduttiva e fuorviante.
La senatrice vuole accreditarsi presso la comunità scientifica come referente affidabile in Parlamento per gli interessi della scienza. Un paio di passaggi del libro sono, però, inquietanti. Giustifica il voto a favore del decreto Balduzzi, che apriva a Stamina, verso cui era molto critica, riconoscendo di averlo votato “perché era solo uno dei tanti elementi del ‘sistema canaglia’ e ne ero stata succube e complice”. Conseguenza del vincolo di mandato. La senatrice ammette che fu “succube e complice”, ma non si scusa né dice che oggi non lo farebbe. Anche il suo guru non dovrebbe scusarsi per le innumerevoli bestialità antiscientifiche, perché “Beppe Grillo ha ragione anche quando sbaglia”. Un argomento che lava la coscienza in nome di un fine superiore, in un mondo di persone civili e intellettualmente oneste, non si può ascoltare. Dichiarare una sorta di soggezione o culto della personalità verso un comico esaltato non è indicatore di affidabilità. Tra mille falsità dette da Grillo per fare soldi con i suoi spettacolo-comizi, ricordiamo che chiamava Umberto Veronesi “Cancronesi” e “vecchia puttana” Rita Levi Montalcini (la dovette risarcire con 50 mila euro più spese legali). Lui e la senatrice “succube e complice” oggi firmano patti per la scienza, e trovano chi pare disposto a riconoscerli campioni della ricerca in Parlamento. E’ il capovolgimento della realtà.
Sulla vicenda vaccini racconta quello che le conviene. Non ricorda di aver sostenuto che non si dovrebbero lasciare a casa da scuola i bambini non vaccinati da genitori irresponsabili, e che a casa dovrebbero rimanere quelli immunodepressi. Anche sul vaccino Hpv (contro il Papillomavirus) ha espresso opinioni personali, poco sensate epidemiologicamente e poi corrette. Clamorosa, però, è l’omissione del dibattito sugli Ogm, dove la nostra si è distinta come passionaria accusando gli scienziati di presunte connivenze e interessi economici, e cercando a ogni costo un appiglio da usare contro. Persino quando l’appiglio erano i dati manipolati di Infascelli e del suo gruppo. Nel 2013 cercò di reclutare ricercatori che trovassero prove scientifiche contro gli Ogm, ma senza successo.
La sua avversione per gli Ogm ha riguardato anche le nuove tecnologie di genome editing. In questo frangente, come vicepresidente della commissione Agricoltura del Senato, sembra si stia accodando all’idea di concedere la messa al bando degli Ogm tradizionali, in cambio del via libera per quelli fatti con il genome editing – un modo da parte sua per non ammettere di sbagliare, inventandosi una presunta sostanziale differenza degli Ogm di generazione più avanzata. Nel prossimo libro forse ci spiegherà come ha potuto sostenere, sulla base di siti amatoriali, articoli su riviste predatorie e studi screditati, che l’erbicida Roundup causerebbe la celiachia. Si potrebbe continuare, ricordando le posizioni ambigue sul caso Xylella.
I fatti provano che ogni qual volta una posizione scientifica prevalente confliggeva con la sua ideologia o con la ragion politica, la Fattori non ha scelto di stare dalla parte della ricerca.
Riscrivere la storia o ripulirla, presentarsi ingannevolmente quale autentico paladino della libertà della scienza e come moralmente superiore è tipico di un’indole illiberale e antiscientifica. Colpisce in questi politici la mancanza di un pensiero critico e autocritico, ostentata col tipico atteggiamento per cui è ritenuto inutile studiare i problemi e i fatti senza pregiudizi, e discuterne prima di decidere. O la scienza si allinea a quello che ideologicamente va bene a loro, o peggio per la scienza.
Fisica, reti e "Progetto Manhattan"