Ivan Della Valle (foto via Youtube)

Il caso Della Valle svela il trucco sul limite dei due mandati nel M5s

Valerio Valentini

E' il prototipo del nuovo homo grillinus, quello che al termine del doppio incarico può collezionare cariche non elettive a iosa. Un nuovo esercito che già si accinge a marciare

Roma. Che fosse lui il prescelto, lo si è saputo a cose fatte, quando l’idea era già abortita. Ivan Della Valle si è rivelato come papabile assessore laziale alle Attività produttive nel momento stesso in cui quella possibilità gli sfuggiva dalle mani. E d’altronde è stata con assoluta leggerezza che chi quell’incarico glielo aveva proposto, alla fine si è smarcato dal suo nome, divenuto d’improvviso compromettente. Sono bastate poche righe dettate di fretta alle agenzie: è così che Roberta Lombardi ha scaricato il suo collega del Movimento 5 stelle, risucchiato dalla polemica dei mancati rimborsi.

 

E’ il tardo pomeriggio del 15 febbraio quando la candidata governatrice pentastellata dichiara: “Avevo pensato a Ivan Della Valle come assessore alle Attività produttive della Regione Lazio”. Poi, però, il ripensamento. “Dopo la pubblicazione dell’inchiesta delle Iene gli ho chiesto se lui era in ordine – ha spiegato la Lombardi – E l’ho sentito tentennare: la cosa non mi è piaciuta e gli ho detto che poteva ritenere nullo quello di cui avevamo parlato nelle settimane  precedenti”. Tra i vari furbetti a cinque stelle, Della Valle era stato il più furbo di tutti. Aveva trattenuto 272 mila euro: soldi che dovevano finire nel fondo del microcredito, a norma di regolamento grillino, e che invece il deputato torinese si era intascato. Nessuno è arrivato a quella cifra. E dunque, raus: con piglio decisionista.

 

Tutto ok? Mica tanto. La vicenda dice in verità almeno un paio di cose per nulla trascurabili: sul Movimento, sulla sua degenerata evoluzione, e su chi la sta mettendo in pratica. Ivan Della Valle era arrivato alla fine della sua carriera politica sotto le insegne di Beppe Grillo. O almeno: così sembrava di dover dedurre, stando a uno dei capisaldi del credo grillino: il limite dei due mandati. Della Valle, già consigliere comunale nella sua Rivoli – 50.000 abitanti scarsi alla periferia ovest di Torino – dove nel 2008 si candida a sindaco, nel 2013 viene eletto alla Camera grazie a 141 click. Sembrava che le sue chances col Movimento se le fosse giocate.

 

E invece, ecco che il deputato piemontese, a metà legislatura, comincia a sgomitare: sente la scadenza approssimarsi, e allora briga, chiede colloqui con gli esponenti più illustri del M5S. Con Alessandro Di Battista, in particolare, il rapporto è di sincera amicizia. E un salvacondotto alla fine arriva: glielo offre proprio la Lombardi: “Che ne dici di fare l’assessore?”. Il che dimostra come in effetti lo stratagemma per aggirare “la regola che non si tocca e non si deroga” sia già stato elaborato. Della Valle, da questo punto di vista, sarebbe stato il prototipo del nuovo homo grillinus, quello che non può essere magari più di due volte consigliere comunale, ma potrà benissimo, al termine dei due mandati, collezionare cariche non elettive a iosa. Un nuovo esercito di aspiranti assessori, sottosegretari, ministri, che già si accinge a marciare. 

 

La Lombardi sul punto non commenta. Lei, del resto, Della Valle lo voleva davvero, nella sua futuribile squadra di governo. Lo vuole sin dall’inizio, nonostante gli avvertimenti di almeno un paio di parlamentari piemontesi, tra quelli più vicini a Luigi Di Maio, i quali tentano di dissuaderla dall’affidare incarichi di responsabilità ad uno che è rimasto il grillino che era: No-Tav incarognito, incorreggibile oppositore, Della Valle ha creato qualche problema anche a Torino, dove ha spesso spalleggiato i consiglieri comunali meno fedeli alla linea di Chiara Appendino. Non servono a nulla, quei moniti. La Lombardi evidentemente al voto degli ambulanti ci tiene, eccome, e di rinunciare al deputato che, nella commissione Attività produttive di Montecitorio e ancor più nelle piazze di mezza Italia, ha fatto della lotta alla direttiva Bolkestein la sua battaglia pressoché unica, non ci pensa nemmeno. Per questo sceglie Della Valle. “Ma era chiaro che si trattava di una proposta che non valeva nulla”, sentenzia ora Mauro Della Valle, padre di Ivan, che da buon vecchio socialista con quarant’anni di politica alle spalle, al figlio ha sempre dato qualche dritta. E nella fattispecie, gli aveva consigliato di diffidare: “Era evidente che si trattava di una fregatura – spiega il signor Mauro – perché la Lombardi non vincerà mai le elezioni”. E invece Ivan accetta. Nonostante col Movimento sia in rotta di collisione, nonostante non ne condivida il nuovo corso governista e proprio per questo – se bisogna credere alle sue giustificazioni – a un certo punto avrebbe smesso di restituire una parte del suo stipendio, comincia a seguire la Lombardi nei suoi eventi elettorali.

 

Lo snaturamento del Movimento non gli piace, dunque, ma se in fondo vale a garantirgli una poltrona: perché no? Il nuovo homo grillinus potrà insomma perfino dissentire, intimamente disapprovare, sentirsi spegnere quel sacro fuoco della passione che era dei suoi avi: e però continuare a rivestire incarichi, a fare carriera. Come tutti.