Roberta Lombardi (foto LaPresse)

Strategie, ambizioni e speranze di Lombardi: la scalatrice del M5s

Massimo Solani

Ricominciare dal Lazio per puntare a diventare la figura istituzionalmente più importante del Movimento. La tattica della "faraona"

Roma. “Chi è prudente e preparato, e resta in attesa delle mosse del nemico temerario e impreparato, sarà vittorioso”. Che abbia o meno letto l’“Arte della guerra” di Sun Tzu, Roberta Lombardi sta muovendo le sue truppe dentro al M5s con strategia e pazienza. Perché l’obbiettivo, più che la regione Lazio, è di lungo periodo e passa dalla sconfitta elettorale di Luigi Di Maio il 4 marzo. Persa la battaglia romana contro Virginia Raggi, rimasta in sella nonostante scandali e inefficienze, la “faraona” ha saputo fare un passo indietro, scegliersi una posizione più defilata e prendersi il tempo per organizzare l’esercito e muovere al contrattacco. Ricominciare dal Lazio, allora, per puntare a diventare la figura istituzionalmente più importante del Movimento (che oggi non governa nessuna regione) e coagulare attorno a se il prevedibile malcontento che da tanta parte della base, già oggi critica quando non apertamente dissidente, si alzerà nei giorni successivi alle elezioni. Quando Di Maio, nonostante le tante forzature ai principi originari a cinque stelle, sarà costretto dai numeri a rinunciare alle ambizioni di sedere a Palazzo Chigi e a guidare, al massimo, il piccolo cabotaggio di un partito disegnato a propria immagine.

 

Eppure la pace fra l’ex vicepresidente della Camera e la prima storica capogruppo del Movimento a Montecitorio sembrava siglata la scorsa estate, quando Roberta Lombardi vinse a mani basse le primarie on-line per la scelta del candidato governatore del Lazio. Nei giorni di grande tensione, quando l’ala dei duri guardava a Roberto Fico in attesa di un suo segnale per scatenare la battaglia contro Di Maio ormai lanciato nella corsa per l’investitura da leader, in molti erano rimasti sorpresi nel sapere che “la faraona” romana aveva stretto un accordo proprio con il futuro leader per avere il suo appoggio, e di conseguenza quello di Grillo e Casaleggio, nella corsa verso la Pisana. Un patto siglato gettandosi alle spalle la guerra intestina combattuta per un anno sulla testa della sindaca di Roma Virginia Raggi fra accuse di incapacità, continue dimissioni dalla giunta, fughe di notizie ai giornali sul caso dell’inchiesta a carico dell’ex assessora all’ambiente Paola Muraro e esposti contro i fedelissimi della prima cittadina. Tipo Raffaele Marra. Guerra da cui Raggi è uscita in piedi anche se commissariata e Di Maio addirittura vincitore contro ogni pronostico.

 

Ora però, per la prima volta, i rapporti di forza sembrano potersi spostare. Presto per fare pronostici, non troppo presto per cogliere i segnali. A partire da quella formula pericolosamente difensivistica che Di Maio si è lasciato sfuggire durante la presentazione ufficiale della candidatura per le regionali. “A chi dice che io mi sono smarcato da Lombardi dico che non solo io sono al fianco di Roberta come lo è tutto il M5S”. Parole che gli esperti avranno segnato con la matita blu, perché non c’è modo migliore di accreditare una voce che smentirla in pubblico. Ma è lo scontro esploso proprio in questi giorni sulla questione vaccini a segnare il punto di una nuova strisciante guerra intestina e a far presagire quello che potrebbe accadere dal 5 marzo in poi. Se infatti ormai Di Maio ha varato la nuova linea “cerchiobottista” su ogni tema che rischia di essere elettoralmente divisivo e potenzialmente pericoloso per le sue aspirazioni da premier (da segnalare le giravolte sul referendum sull’euro, sulla possibilità di accordi post elettorali e sulle Ong “taxi del mare”) Lombardi ha deciso di attaccare la nuova linea pragmatica del “Movimento Luigino” proprio su uno dei temi più cari alla pancia dell’elettorato storico dei cinque stelle: i vaccini. E lo ha fatto prendendo carta e penna e scrivendo direttamente “al gentile capo politico” per prendere le distanze dalla nuova linea del partito, più vicina alle posizioni pro-vax grazie soprattutto al lavoro della senatrice e biologa Elena Fattori.

 

“Con la presente la informo che non autorizzerò nessuno evento della campagna elettorale per le regionali Lazio 2018 in cui sarà presente la senatrice Fattori – ha scritto Lombardi – Le posizioni politiche della Sig.ra Fattori in tema di salute e vaccini infatti sono individualistiche e fuori dalla linea politica nazionale. Non intendo pertanto correre il rischio che vengano minimamente confuse con le linee politiche della sottoscritta elaborate a livello regionale e coerenti con il nazionale”. Una sconfessione in piena regola, insomma, di quella posizione “pragmatica” che Di Maio ha imposto al Movimento per dare agli elettori una faccia più presentabile. Ma è nell’ultima frase che si nasconde quello che potrebbe essere lo scenario futuro: “La invito pertanto a sensibilizzare la Sig.ra Fattori – ha concluso la candidata alle Regionali del Lazio – ad evitare l’incresciosa situazione di dovermi costringere, attraverso comunicazioni pubbliche, a separare le nostre campagne”. Oggi le campagne elettorali, domani il Movimento. Da una parte i fedelissimi Di Maio, dall’altra i militanti storici. La battaglia della “faraona” è appena iniziata.