Antonio Tasso (foto via YouTube)

Antonio Tasso e il garantismo grillino a orologeria

Valerio Valentini

Era stato espulso dal M5s perché condannato in primo grado e poi prescritto. A luglio ha ottenuto, in gran silenzio, la tanto agognata riammissione

Roma. Finge dispiacere, quando gli si chiede conferma (“Ah, già lo sapete?”), ma solo perché, dice, “ci tenevo a tenerla riservata ancora un po’, la notizia”. Ma si sa, in Transatlantico le voci corrono. E allora Antonio Tasso, deputato classe ’57, nato a Manfredonia, superato l’imbarazzo iniziale si scioglie in un sorriso di contentezza: “Sì, è vero, mi reintegrano nel Movimento”. Era stato candidato dal M5s nell’uninominale di Cerignola in vista del 4 marzo; poi, a dieci giorni dal voto, tutto per lui era precipitato. “Colpa vostra, anche allora”, scherza ora Tasso. Era stato il Foglio, infatti, a rivelare che l’attivista grillino, non ancora visitato dal dèmone della politica, nel 2007 era stato condannato in primo grado dal tribunale di Foggia per violazione della legge sul diritto d’autore. Duplicava abusivamente cd: 57 musicali e 308 per videogiochi, in tutto. Per questo era finito a processo, e condannato a sei mesi di reclusione e 2.000 euro di multa. Ne era seguita una prescrizione, poi. Ma per le rigorose regole del Movimento, tanto bastava per venire spedito nel girone degli impresentabili. E poi “resta il fatto che Tasso non ci ha informati di questo episodio”, sentenziò subito Luigi Di Maio. E “per questa ragione è stato segnalato al collegio dei probiviri a cui ho proposto l’espulsione”. L’elezione era arrivata lo stesso, ma la scelta obbligata, per Tasso, era stata quella dell’iscrizione al Gruppo misto, per poi finire nel Maie, la pattuglia degli “italiani all’estero” guidata da Riccardo Merlo, poi promosso sottosegretario agli Esteri. Mesi difficili, per Tasso, di isolamento e discredito. Ma anche di determinata ostinazione: “Sapevo di essere nel giusto, e avevo ragione”, dice. E così, alla fine, il 10 luglio ha ottenuto, in gran silenzio, la tanto agognata riammissione. 

    

E adesso esulta, Tasso. “E’ la dimostrazione – dice – che non sono cattivo. E’ solo che a volte che mi disegnano così”. E certo costa un po’ di fatica immaginarsi il deputato Tasso nei panni di Jessica Rabbit, ma forse nella sua citazione un po’ velleitaria si coglie la frustrazione con cui ha dovuto vivere questi mesi. “Quel processo era chiuso, ormai, finito in prescrizione. E si trattava di vicenda vecchie di cent’anni. E’ chiaro che quella velina fu messa in circolo da qualcuno che mi voleva male”, sbotta. La delusione è stata tanta, insomma. “Questa vicenda – dice – mi ha provocato grande dispiacere, soprattutto per le illazioni riguardo alla mia fedeltà al Movimento”. E non sia mai.

   

Il 23 giugno, poi, arriva la delibera con cui il Collegio dei probiviri decreta la sua espulsione. Sembra la sentenza definitiva, e invece Tasso non demorde. Fa ricorso al Comitato di garanzia, organo di ultima istanza sulle vicende più scabrose. E un po’ inaspettatamente, forse anche per lo stesso Tasso, il 10 luglio i tre supremi giudici grillini – il sottosegretario con delega all’Editoria Vito Crimi, la capogruppo in regione Lazio Roberta Lombardi e il suo omologo siciliano, Giancarlo Cancelleri – sancito la riammissione del reietto, che diventerà definitiva dal 15 settembre. “A quella delibera di espulsione mi sono opposto in modo silenzioso, mantenendo il rispettosa dei ruoli. Ma sono stato tenace, producendo circostanziate argomentazioni a mia giustificazione: e alla fine ho avuto ragione”.

   

D’altronde gli attivisti grillini della sua Manfredonia lo avevano sospettato che nulla fosse stato ancora deciso: Tasso aveva continuato a impegnarsi col gruppo locale del M5s, rimanendone perfino responsabile della comunicazione, senza che nessuno, dai vertici nazionali, azzardasse una critica, una rimostranza. Recriminazioni? “Ma no”, dice Tasso. Neppure per quel ricorso alla giustizia sommaria che spesso guida le decisioni di Di Maio e compagni? “Erano le settimane immediatamente precedenti alle elezioni. Luigi era sotto pressione, ci sta che abbia agito un po’ d’istinto, anche per tutelare il Movimento”. E’ contento così, insomma, Tasso. “Del resto la stessa riammissione testimonia del loro ravvedimento. Da quel che so, hanno prospettato anche a Salvatore Caiata la possibilità del reintegro”. Ma il patron del potenza Calcio, assai corteggiato da Di Maio e Rocco Casalino alla vigilia della campagna elettorale e poi espulso per un’indagine di riciclaggio a suo carico, avrebbe detto di no. “Troppa fretta nel comminare le pene? Forse”, dice Tasso. “Ma non dimentichiamo – aggiunge – che in quei giorni di fine febbraio il Movimento era sotto assedio anche per la vicenda delle mancate restituzioni”.

   

Ci finì coinvolto anche Ivan Della Valle, in quella rimborsopoli a cinque stelle. E anzi, il 44enne deputato grillino torinese, attivista No Tav e No Bolkestein, risultò il primo tra i morosi, con oltre 270 mila euro di mancati versamenti. Nella sua villa di Ivrea, alle porte di Torino, nei giorni della polemica e della caccia alle streghe il padre di Della Valle, vecchio socialista, si diceva disperato, parlava di un figlio senza più un lavoro, senza più un futuro, fuggito chissà dove in Tunisia per evitare la gogna. Della Valle, in verità, era in Toscana. E di lì a poco sarebbe tornato a Roma. Un futuro, o quantomeno un lavoro, lo ha ritrovato di nuovo tra le stanze del Palazzo. “Sì, da giugno sono stato assunto all’ufficio legislativo del Gruppo misto al Senato”, conferma lui al Foglio. Un “bel gesto”, riconosce, da parte dei suoi ex colleghi del M5s. Tra i quali, peraltro, c’è anche Carlo Martelli, senatore di Novara classe ’66: piemontese come Della Valle, e come Della Valle travolto dallo scandalo delle mancate restituzioni. E’ finito al misto anche Martelli, insieme all’altro furbetto del rimborso a cinque stelle, il pugliese Maurizio Buccarella. Quando hanno potuto, hanno offerto una nuova opportunità a Della Valle. Ché d’altronde anche nel Movimento c’è chi si ricorda degli amici.