Carlo Martelli (foto LaPresse)

Gruppo Misto a 5 stelle

David Allegranti

Il prossimo Parlamento può già contare sul corposo gruppo degli espulsi grillini

Roma. Il gruppo misto è uno stato mentale, una disposizione pre-politica, in questo caso rischia di essere anche un caso politico. I Cinque stelle stanno espellendo aspiranti parlamentari fra casi di “rimborsopoli”, massoni e candidati con requisiti non proprio in linea con i vari codici etici e statuti. Cominciano a non essere pochi questi possibili deputati e senatori che hanno fatto una rapidissima carriera con il partito di Grillo & Casaleggio. Ci sono anzitutto Carlo Martelli e Andrea Cecconi, i due moralizzatori moralizzati, sempre in prima linea contro il malaffare degli altri partiti e oggi sotto accusa (infamante, per il M5s) di essersi tenuti i quattrini. Con buona pace di chi gridava alla casta, al “malloppo”, con tutto quel lessico luogocomunista da moralista di strapaese: alla fine erano proprio quelli che gridavano di più a essere “impuri”. Luigi Di Maio, cui piacciono le liste di proscrizione, ha prodotto l’elenco dei candidati sotto accusa per restituzioni irregolari, nuovo reato della psicopolizia grillina. Oltre ai già citati Martelli (81 mila euro) e Cecconi (28 mila euro) ci sono Ivan Della Valle (270 mila euro), Girolamo Pisano (200 mila euro), Maurizio Buccarella (137 mila euro), Elisa Bulgarelli (43 mila euro), Silvia Benedetti (23 mila euro), Emanuele Cozzolino (13 mila euro). “Queste persone si autoescludono per noi dal Movimento”, ha detto Di Maio, certificando le purghe staliniane per chi non ha ottemperato ai doveri del Sacro Blog. Forti dubbi poi ci sono su Giulia Sarti, che ha dato la colpa all’ex fidanzato, accusandolo di essere stato lui a intascarsi i rimborsi della parlamentare. Ma il problema vero, come osservava Giuliano Cazzola sul Foglio, è che la deputata del M5s ha assunto “come portaborse il proprio fidanzato”.

 

Roba da cartellino giallo. Quanto all’espulsione, al cartellino rosso, sembra pensarci già da solo il M5s, che sta contribuendo alla costruzione di un corposo gruppo misto. Non tanto con i parlamentari all’uninominale, quelli va da sé che dovranno conquistarsi la vittoria anche in seggi meno sicuri, quanto i candidati al proporzionale. I quali (spoiler) essendo messi in prima posizione non potranno che passare. Altro che ritiro, quelle son panzane messe in giro dai grillini. Fake news le chiamerebbe qualcuno con poca fantasia: ora non si può ritirare nessuno visto che le liste ormai sono già state accettate dall’Ufficio elettorale circoscrizionale. C’è poi Barbara Lezzi, accusata di aver ritirato il bonifico, secondo la moderna dottrina dello screenshot: fai la foto alla transazione e poi richiami la somma versata, tanto chi se ne accorgerà mai? Dopo la sceneggiata dei proscritti, i cui nomi sono stati recitati da Di Maio in diretta Facebook, vero tribunale del popolo, le Iene hanno mandato al macello altri tre nomi: Francesco Cariello, Emanuele Scagliusi e Federica Dieni. Anche loro accusati di finanza creativa. C’è poi tutto il capitolo dei grillini con un ricco passato alle spalle, che renderebbe incompatibile la loro candidatura con le regole del M5s. Come Leonardo Franci, già iscritto al Pdl dal 2006 al 2011, già candidato in precedenti elezioni (alle amministrative del 2011 con una lista di centrodestra) e iscritto ancora fino alla fine di marzo alla Lega seppure, dice lui, “a sua insaputa”. Non è l’unico. il Messaggero ha ricordato che Patty L’Abbate, teorica della decrescita felice e candidata in Puglia per il Senato, nonché esperta nel riciclo di escrementi per produrre energia a impatto ecosostenibile (“l’energia contenuta nella maggior parte degli escrementi va ancora sprecata”, spiega con dovizia di particolari) nel 2012 era candidata con “Noi Sud-Pli”, il partito di Adriana Poli Bortone, ex ministro di An. Ma il caso più importante è stato anche il primo: Nicola Cecchi, ex renziano e oggi candidato contro Renzi a Firenze, nel 2016 era un acceso sostenitore del Sì al referendum costituzionale. Adesso è tutto un distribuire elogi al partito di Di Maio. In quota bar di Guerre stellari c’è invece Emanuele Dessì, quello della casa a 7 euro al mese che si faceva fotografare con Domenico Spada, cugino di Roberto, autore della testata data al giornalista Daniele Piervincenzi. Paola Taverna nei giorni scorsi ha spiegato di aver “presentato alla Corte d’Appello la rinuncia di Dessì ma ci è stata ricusata perché nell’articolo che prevede la rinuncia da parte di un candidato è specificato che debba avvenire prima del deposito delle liste. Sembra che non ci sia la possibilità di rinunciare”. E tanti saluti alla teoria della “rinuncia” per i candidati sospesi.

 

Massoni in sonno

 

C’è poi tutto il caso dei massoni candidati, attivi e “quotizzanti”, oppure entrati in sonno. Come Piero Landi, svelato dal Foglio, candidato a Lucca e in sonno dal 5 febbraio scorso, che prima ha tentato di negare l’affiliazione e poi ha dovuto ammettere e scusarsi con il M5s e con la massoneria per averla associata alla mafia. Oppure come David Zanforlini, avvocato candidato a Ravenna, che ha denunciato un clima da caccia alle streghe per il suo passato nella massoneria, sulla quale ha rivendicato esserci un vincolo di “riservatezza”. Poi c’è Catello Vitiello, candidato in Campania, che ha definito la massoneria un “hobby”, suscitando il disappunto (ma mai come Landi con le sue associazioni alla mafia) dei suoi confratelli. Infine c’è Bruno Azzebroni, candidato in Calabria, uno caso scoperto dal M5s, che si è affrettato a denunciarne l’appartenenza senza essere stato scoperto dai giornali. Insomma, la lista è lunga e da qui al quattro marzo mancano meno di due settimane. Fra rimborsi e iscritti alla massoneria, altri potenziali candidati espulsi potrebbero essere in arrivo. Per tutto questo sottobosco c’è anche un’apertura del Cav.: “I grillini sono persone prese un po’ a casaccio, gente che in molti casi non ha mai lavorato. – ha dichiarato Berlusconi – Sostenere il governo sarebbe molto conveniente per loro: incasserebbero la totalità dell’indennità”. Non è proprio un complimento, ma l’argomento può risultare allettante.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.