Foto tratta dal profilo Instagram di Virginia Raggi

Il piano del M5s per lanciare Di Maio a Palazzo Chigi passa anche per il bel vestito della Raggi

Marianna Rizzini

Virginia era in crisi. E in vista delle elezioni politiche le mosse erano soltanto due: o nasconderla o rifarle il look. Apparizioni televisive e nuove strategie d'immagine intorno a un'amministrazione che fa acqua da tutte le parti

Per una volta l’abito ha fatto il monaco, se Virginia Raggi, indossando il vestito Gattinoni che fu di Anna Magnani, e sorridendo ai fotografi alla prima del Teatro dell’Opera, con la pettinatura raccolta da diva e la stola mezza bianca sospesa sul braccio, ha sancito simbolicamente il cambio di strategia comunicativa che ribalta la percezione dello sfacelo di Roma – percezione interna alla città – in esportazione all’esterno di un’immagine vincente.

 


Foto tratta dal profilo Instagram di Virginia Raggi


 

L’abito ha fatto il monaco anche se il corpetto in velluto intarsiato che lascia le spalle scoperte è soltanto la tappa più evidente di un percorso di rinascita dalle ceneri mediatiche che parte da lontano. Un percorso deciso a Milano, presso la Casaleggio Associati.

 

L’idea è quella di presentare all’Italia pre-elettorale, che poco sa e poco ricorda, fuori da Roma, di quel che succede a Roma, la Raggi2.0, quella riemersa dalla fase depressiva di un anno fa, quando il caso Marra, e le dimissioni in massa di assessori e vertici delle municipalizzate, l’avevano trasformata nell’ombra della se stessa dell’estate precedente: la sindaca grillina giunta in Campidoglio con la grancassa dell’Anticasta e le speranze degli indignados tutte rivolte a lei; la Raggi baldanzosa nonostante le difficoltà di formazione della Giunta, ancora rassicurata e protetta dalla strategia comunicativa dell’ex spin doctor Augusto Rubei, sotto la cui guida, nella primavera-estate 2016, era apparsa per le strade senza la coperta di Linus (l’immancabile impermeabile di Zara), e in tv con la quasi-minigonna e con la famosa camicia-giacca blu elettrico che aveva fatto gridare al miracolo d’immagine i critici più severi del look “tailleur dimesso-scarpe mezzo tacco-trucco invisibile”. Poi la caduta, le lacrime nascoste ma frequenti, le bacche di Goji come talismano inefficace, il dimagrimento, le occhiaie, lo stress come un calco dell’urlo di Munch sul volto.

 

Che facciamo con – e di – Virginia Raggi? si erano domandati allora presso il quartier generale grillino al Nord e in Parlamento, come se il sindaco, per rubare le parole che l’Economist dedicò al Cav., fosse diventata anche per i suoi “unfit”. E si oscillava tra due ipotesi protese verso l’anno delle elezioni regionali e politiche: la nascondiamo, la sindaca, o la mostriamo? E si decideva di sfruttare l’incredibile capacità dell’impasse romana – cioè degli errori di Raggi – di non bucare lo schermo quanto lo buca Raggi nei giorni migliori, a dispetto dell’azione discutibile al governo della città.

 

Partiva allora, senza Rubei ma con le menti casaleggiane all’opera (Rocco Casalino compreso), l’azione di brainstorming e revisione-immagine di Raggi risorta e corretta. Ed ecco, dopo qualche mese di sopravvivenza sotto il livello delle acque, la sindaca super-mediatizzata che, tra novembre e dicembre, va a “Piazzapulita”, “DiMartedì”, “Skytg24”, “Nemo”, con il sorriso automotivazionale già visto d’estate a “Porta a Porta”.

 

Il resto lo fanno la pax (armata?) con la candidata alla regione Lazio Roberta Lombardi, e l’errore evitato in extremis dai suoi strateghi proprio l’altra sera all’Opera: far sedere Raggi nel pubblico, alla maniera dei sovrani danesi, accanto a chi, in Italia, per il biglietto di una prima paga senza complessi il prezzo di una prima (anche 800 euro) – una mossa che poteva rivelarsi l’autogol fatale presso l’Anticasta. Motivo per cui Raggi è poi apparsa con l’abito che fa il monaco tra i velluti del palco d’onore, a coronamento della nuova immagine che funziona.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.