Giuseppe Conte e Alessandra Todde - foto Ansa

Speranze e preghiere

Scovato il talismano della vittoria: è Alessandra Todde, che domani sarà in Abruzzo

Salvatore Merlo

La neopresidente della Sardegna ormai è quasi un amuleto per Pd e M5s, una formula apotropaica. Così, tra un talk show e l'altro, la grillina sarà nella regione che domenica va al voto, per cercare anche lì di cambiare il vento

Ci siamo informati e abbiamo saputo che ormai al Nazareno il suo nome è diventato sinonimo di vittoria, tanto che ne è derivato un verbo: io toddo, tu toddi, egli todda. Nel Pd infatti non si dice più che qualcuno è stato eletto presidente di una regione, ma che lo hanno toddato presidente. Sicché domani la portano in Abruzzo, Alessandra Todde, appunto, per chiudere la campagna elettorale. O meglio domani la ritirano dalla Sardegna e la “ostendono” in Abruzzo, un po’ come la Sacra sindone, o come Sant’Agata, in pratica come il cornetto rosso, forse come Padre Pio o anche come Lenin nel mausoleo. Fate voi. Andiamo a toddare! Toddiamoci l’Abruzzo!
 

Gli abruzzesi ovviamente non aspettano altro che la ex sottosegretaria di Giuseppe Conte la cui fama di grandezza è soprattutto affidata a una circostanza tenuta in gran conto nei circoli di centrosinistra, dove, se domandate perché qualcuno è universalmente rinomato, vi sentite sussurrare all’orecchio: “Ha vinto in Sardegna per lo 0,2 per cento”, come se vi avvertissero con discrezione: “È Einstein”.  Ma Todde è assai di più di Einstein. È quasi un amuleto, ci par di capire, una formula apotropaica, come il superstizioso che ha pronta una varietà di scongiuri per ogni fenomeno iettatorio che gli si possa parare davanti: gatto nero, cappello sul letto, corteo funebre, numero 17... Alessandra Todde.
 

Sembra di vederli, infatti, anzi di sentirli, Elly Schlein e Dario Franceschini. In hoc Todde vinces, diciamo. Anzi: “Rossogiallo un fiore in petto c’è fiorito / una fede ci è nata in cuor”. Sicché dopo “In mezz’ora”, “Chesarà”, “DiMartedì”, “Otto e mezzo”, “Agorà”, “Piazzapulita” e “Porta a Porta” ecco il talismano alla prova definitiva. In Abruzzo. Ecco la partigiana sarda, col nonno “che fu mandato al confino a Favignana”. Ecco la donna che, ha detto ella, cioè Elly, ha “cambiato il vento” nel paese. Ecco la presidente che ha sciolto un cantico all’urna (è proprio il caso di dirlo) che forse non morrà: “I sardi hanno sconfitto i manganelli con le matite”. Ecco infine la leader che, incontrando Patrick Zaky, ha fatto vibrare le corde della Resistenza assai più di Emilio Lussu: “Sardegna, terra di diritti, pace e libertà”. Ajò.
 

Ma questi sono dettagli. Piuttosto: ripartiamo dalla Sardegna. Anche in Abruzzo. I soliti spiritosi ricorderanno a questo punto con sciocca pignoleria che  c’è stato un momento in cui, mesi fa, si doveva ripartire da Foggia. Non ne seguì precisamente un successo. Ma non bisogna scoraggiarsi. Poi ci fu, certo, anche il “ripartiamo da Vicenza”, e andò come andò. Insomma male. Cose che capitano. Un po’ come quel  mitologico e sfortunato “ripartiamo da Campobasso” che fu all’incirca l’ultima volta in cui Conte è stato visto assieme a Schlein. Ma adesso è tutto diverso. È tutto cambiato. A quei tempi ovviamente mancava qualcosa di decisivo. La chiave di ogni cosa. Insomma mancava Alessandra Todde. Vuoi mettere?

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.