I ragazzi della 3ª C

Più che il rapporto con gli alleati di governo a preoccupare Meloni è l'euforia dei parlamentari

Salvatore Merlo

Da tempo la premier chiede "dedizione e disciplina" ai suoi deputati e senatori, che però continuano a commettere errori. Come tre giorni fa, quando la maggioranza è andata di nuovo sotto in commissione Lavoro alla Camera

Martedì sera, in una sala di Palazzo Brancaccio, nel corso della cena tra ministri e parlamentari di Fratelli d’Italia di ritorno dalle ferie estive, ecco che Marco Silvestroni, senatore del Lazio, si avvicina alla premier. “Giorgia, Giorgia, facciamoci una foto ti prego. Non ho nemmeno una foto con te”. E lei, la presidente del Consiglio, in un lampo: “E non ti sei mai chiesto il motivo?”. La battuta non era certo contro il povero Silvestroni, e aveva anzi un tono simpatico, spiritoso. Persino amichevole. Tuttavia l’ironia, si sa, appartiene al campo della comunicazione obliqua. E Meloni da tempo osserva i suoi deputati e senatori come il proprietario di una scuderia da corsa rimira con benevolenza, non esente da ansia, un serraglio di puledri che non hanno ancora dimostrato di cosa sono capaci: un giorno realizzeranno forse le speranze riposte in loro, tranne che non si rompano una zampa al primo ostacolo mandando in infermeria il fantino e facendo anche fallire l’intera scuderia.

 

Ad aprile, per un incrocio di assenze, la maggioranza andò clamorosamente in minoranza sullo scostamento di bilancio, mentre Meloni era a Londra dal primo ministro Rishi Sunak . Ad agosto invece i parlamentari della destra, non avendolo letto, votarono a favore di un emendamento di Nicola Fratoianni che di fatto introduceva una patrimoniale. Meloni quel giorno chiamò il capogruppo e prese a fissarlo con il ghiaccio dei suoi occhi blu sgranati, come per volerlo schiacciare sotto il peso insopportabile di tutto quell’azzurro. Eppure poi è risuccesso. Tre giorni fa, di nuovo, la maggioranza è andata sotto in commissione Lavoro alla Camera com’era già accaduto a giugno nella commissione Lavoro del Senato.

 

Grandi e piccoli incidenti. Nell’una e nell’altra Camera del Parlamento. Talvolta un po’ di superficialità, di distrazione. Qualcuno a Palazzo Chigi dice persino “un eccesso di euforia scomposta. Sembrano liceali in gita”. Cosa che infastidisce la presidente del Consiglio. Lei che li vorrebbe educare, questi suoi parlamentari ai quali non a caso aveva fatto avere una cravatta a inizio legislatura. Una per ciascuno. Un invito tanto più emblematico, quanto più implicito nella sua confezione regalo, e concreto nel suo obiettivo estetico, a cominciare dal colore, dalla sfumatura tenue della seta blu la cui forza sta nella  sobrietà.

 

“Chiedo dedizione e disciplina”, aveva detto lei. E poi la parola “responsabilità”, ripetuta ancora e ancora, con un’insistenza non disperata ma di certo accorata. A Palazzo Chigi c’è chi giura, ogni tanto, di averla sentita rimpiangere Francesco Lollobrigida: “Forse non dovevo portarlo al governo. Un altro ministro dell’Agricoltura l’avrei trovato. Un altro capogruppo non c’è”. Chissà se è vero.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.