(foto Ansa)

Il caso

Schlein Boh Tav. "Il Pd difende l'Alta velocità?". E la segretaria glissa

Luca Roberto

Alla Camera la leader dem non risponde sulle posizioni a proposito dell'opera in Val di Susa di alcuni dirigenti a lei vicini. Dall'entourage: non ha capito la domanda

Quel che preoccupa non è tanto il dettaglio. Quanto il più vasto quadro d’insieme. Perché nessuno imputerebbe a Elly Schlein, nel luglio del 2023, di intestarsi una battaglia contro la Tav Torino-Lione. E però anche su questo non sarebbe banale sapere cosa ne pensi la segretaria del Pd. Spoiler: non siamo stati fortunati. Qualche giorno fa l’attivista e militante di “Sinistra Coraggiosa” Marco Boschini, entrato nella direzione nazionale del Pd proprio grazie a Schlein, ha scritto un post su Facebook in cui rimirava con nostalgia le battaglie contro l’Alta velocità in Val di Susa, “un’opera inutile”. E certo sarebbe difficile dedurre che da un singolo dirigente emani la linea del partito. Solo che anche su questo versante Schlein, che ieri era alla Camera per una conferenza stampa sulla riforma fiscale, non ha offerto elementi utili. Peggio: a domanda del Foglio ha glissato.

Alcuni esponenti locali del Pd sono preoccupati dal possibile cambio di linea  sulla Tav. Garantisce che i dem resteranno saldamente a favore dell’opera? “Prima dovrei sapere chi sono questi esponenti”, ha risposto. Tanto che in sala stampa a Montecitorio, tra i giornalisti accaldati, ci si è chiesti se avesse capito la domanda. Visto che già al termine della conferenza, dopo aver compulsato il taccuino di  appunti, aveva finto che non fosse mai stata posta. E quindi, alla fine, per speculare su cosa ne pensi della Tav bisogna riandare a una votazione al Parlamento europeo, nel 2018, quando tentò di affossarne insieme al M5s il finanziamento: non ci riuscì.

 

L’imbarazzato non rispondere di ieri, o il rispondere dando l’idea di saperne poco, quasi nulla, ha ricordato un po’ la collocazione internazionale del Partito democratico sotto la nuova leadership. Si temeva, dopo il passaggio di consegne in segreteria, uno spostamento su posizioni se non ambigue quanto meno più lasche a proposito del sostegno all’Ucraina. E se ciò non è avvenuto è anche perché Schlein, che nel frattempo ha imbarcato gli anti-militaristi di Articolo Uno, ha preferito parlare lo stretto necessario, mai un’uscita a braccio, un comizio improvvisato. Di certo non ne ha fatta una bandiera personale, schiacciata com’è da una premier che la collocazione atlantica a difesa di Kyiv la esibisce in ogni dove. Eppure non sono passati inosservati i voti al Parlamento europeo, quando la pattuglia dem s’è spaccata sul nuovo piano di munizioni europeo. Così come la nomina di Paolo Ciani come vice capogruppo alla Camera. Uno secondo cui, stringi stringi, non bisognerebbe più dare armi a Zelensky.

 

Vogliamo passare  al capitolo risposte sul  termovalorizzatore? A più riprese il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha chiesto alla segretaria di dire qualcosa che ne agevolasse il lavoro amministrativo. Ma l’unica dichiarazione che Elly è riuscita a bofonchiare, ad aprile, imbeccata dai cronisti, è stato un timidissimo “lo abbiamo ereditato, è una scelta già fatta”, che tradiva tutta  la dissonanza  per aver inserito nella segreteria, come responsabile ambiente, Annalisa Corrado, da sempre contraria agli inceneritori. Così come pure  Sandro Ruotolo, che infatti non ha perso occasione per dire che dopo l’elezione di Schlein ci volesse un referendum sull’opera capitolina. “Solo opinioni personali”, è stata la reazione della segretaria.

Sulla maternità surrogata Schlein si è detta favorevole, ma ha aggiunto pure di volersi rimettere “alla discussione interna al partito”. Ragion per la quale la linea la traccia Alessandro Zan, che sul punto ha visioni super aperturiste. Altro tema di grande attualità: la giustizia. Ci si aspettava che Schlein avesse in questi mesi impresso una svolta. Ma anche su una questione su cui il governo s’è trovato d’accordo con i sindaci dem, lei ha preferito nicchiare: “L’abolizione del reato d’abuso d’ufficio non va bene”. Ora la Tav, la cui posizione, nel silenzio totale dell’interessata, forse  viene demandata a un esponente minore, per vedere l’effetto che fa. Anche perché proprio in Val di Susa il comitato che ha sostenuto la sua candidatura alle primarie era animato da ferventi No Tav, tra cui l’ex sindaco di Susa Sandro Plano. Quasi che lei non possa dire come la pensi, visto il ruolo che ha. Meglio allora mandare gli altri in avanscoperta. Solo che poi, riannodando il filo, potremmo scoprire che la leader di uno dei più grandi partiti socialdemocratici d’Europa sia la somma di uno sterminato elenco di indizi. Sempre che le mancate risposte non vogliano significare altro, come suggeriscono persino dal suo entourage: su alcuni dossier non sa che dire. E sarebbe molto peggio.

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