l'addio

Cosa significa per i Paesi Bassi e per l'Ue l'uscita di scena di Rutte

David Carretta

Dopo tredici anni di governo l'addio alla politica di un leader europeo di così grande esperienza sarà un problema non solo interno

Dopo tredici anni di Mark Rutte, i Paesi Bassi hanno vissuto settantadue ore di sconvolgimenti, che hanno implicazioni profonde per la politica nazionale e quella dell’Unione europea. Venerdì Rutte ha colto di sorpresa tutti staccando la spina al governo, dopo una crisi con i partner di coalizione sui ricongiungimenti familiari dei rifugiati. Si pensava  che fosse l’ennesima mossa cinica per rilanciare le sue sorti, con l’obiettivo di restare al potere dopo le elezioni in novembre. Lunedì mattina Rutte ha di nuovo sorpreso tutti, annunciando che lascerà la politica quando il nuovo governo sarà in carica. “Negli ultimi giorni ci sono state congetture su quale fosse la mia motivazione. L’unica risposta è: i Paesi Bassi”, ha detto Rutte alla Camera. “Ho deciso di non essere disponibile come leader del Vvd alle prossime elezioni”. 

L’annuncio di Rutte potrebbe essere stato motivato da ragioni tattiche. I Verdi avevano presentato una mozione di sfiducia che, se approvata, avrebbe portato alla sua sostituzione con un altro premier ad interim (ora la mozione è stata ritirata). “Rutte ha indicato che sta mettendo gli interessi del paese prima di quelli del suo partito. Abbiamo dunque nuovamente fiducia in lui per guidare il paese come premier ad interim”, ha detto il leader dei Verdi, Jesse Klaver. Soprannominato “Teflon” per la capacità di resistenza – in 13 anni ha guidato quattro governi con tre coalizioni diverse – Rutte potrebbe restare un altro anno al potere. Dopo le elezioni a novembre, i negoziati per la formazione del governo potrebbero durare mesi. L’ultima volta ci vollero 271 giorni.

 

La decisione di oggi segna comunque l’inizio della fine dell’era Rutte e un salto in terra incognita politica per i Paesi Bassi. Senza di lui, il partito liberale conservatore Vvd potrebbe perdere la posizione di numero uno. I liberali di sinistra dei D66 sono in calo con la loro leader, il ministro delle Finanze, Sigrid Kaag, incerta sul suo futuro. Il ministro degli Esteri, Wopke Hoekstra, non guiderà più i cristiano-democratici della Cda. Nel campo populista il Movimento civico-contadino di Caroline van der Plas, vincitore delle elezioni provinciali di marzo, contende al Vvd il primo posto. La crisi provocata da Rutte sui migranti favorisce altri estremisti come Geert Wilders. Laburisti e Verdi intendono presentarsi con una lista unica per cercare di arrivare in testa e rivendicare il posto di premier. Ma una campagna elettorale polarizzante su ambiente e migranti è sfavorevole ai progressisti.

 

La fine dell’era Rutte ha effetti destabilizzanti anche sull’Ue. Per quanti piccoli, i Paesi Bassi politicamente sono una potenza: Rutte è un europeista di grande esperienza, negoziatore abile, ma capace di fare compromessi, a volte alleandosi con i suoi avversari. L’ultimo esempio della sua flessibilità politica è stato il viaggio a Tunisi con Giorgia Meloni sui migranti. Rutte ha promesso di dedicarsi all’insegnamento, ma nell’autunno del 2024, quando il nuovo governo dovrebbe essere in carica, si libereranno i posti di presidente della Commissione, presidente del Consiglio europeo e segretario generale della Nato.

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