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Rutte lascia la politica. Così l'Olanda rischia di mandare in tilt l'Ue

David Carretta

Il premier olandese, al potere da tredici anni, annuncia di non volersi ricandidare per un quinto mandato. Venerdì aveva rassegnato le dimissioni dopo uno scontro sui migranti. I Paesi Bassi ora rischiano di mandare i populisti in orbita elettorale e mettere l'Ue in difficoltà

Bruxelles. Mark Rutte non smette di sorprendere nella crisi provocata dalla sua decisione di staccare la spina al governo per uno scontro sull'accoglienza dei rifugiati nei Paesi Bassi. Il primo ministro dimissionario oggi ha annunciato che non si ripresenterà alle elezioni di novembre e che lascerà la vita politica una volta che sarà in carica un nuovo esecutivo.

 

Le sue parole hanno colto tutti di sorpresa, come aveva colto di sorpresa la caduta del governo Rutte IV venerdì. La crisi si è consumata in meno di una settimana attorno al tema dei migranti. Rutte aveva insistito per limitare il numero di ricongiungimenti famigliari dei rifugiati, malgrado l'opposizione di due partner di coalizione, i liberali di sinistra dei D66 il piccolo partito dell'Unione cristiana. Nel fine settimana, gli esperti di politica olandese avevano spiegato che si trattava di una mossa cinica di Rutte per tentare di rilanciare le sorti del suo partito liberale conservatore Vvd e restare al potere dopo le elezioni anche a costo di un'alleanza con partiti populisti. L'annuncio di questa mattina davanti alla Camera dei deputati potrebbe essere dettato dal rischio di un'uscita anticipata dal potere. Alcuni partiti di opposizione avevano presentato una mozione per sostituire Rutte con un primo ministro ad interim per gestire gli affari correnti. In passato Rutte aveva assicurato che questa sarebbe stata la sua ultima legislatura e che, alla fine del suo quarto mandato come premier, sarebbe tornato all'insegnamento a tempo pieno. Qualunque sia la ragione della decisione di lasciare la politica, Rutte apre un periodo di incertezza e potenziale instabilità per i Paesi Bassi e l'Unione europea.

  

Rutte, al potere da tredici anni all'Aia, non è un leader qualunque nell'Ue. Di lui si parlava nei corridoi come un potenziale candidato al posto di presidente della Commissione o del Consiglio europeo. Il suo nome era citato anche tra i possibili successori di Jens Stoltenberg come segretario generale della Nato. Dopo l'uscita di scena di Angela Merkel, è il decano del Consiglio europeo insieme al primo ministro olandese, Viktor Orbán. Europeista di grande esperienza, negoziatore abile, conservatore ma capace di fare compromessi con tutti, Rutte è al centro di tutti i grandi dossier e delle grandi trattative. Ha costruito una rete di relazioni personali impressionante, a volte alleandosi con i suoi avversari per realizzare i suoi obiettivi. Ha sempre guardato al governo tedesco come bussola politica. Ha puntato molto sul rapporto con Emmanuel Macron per presentarsi dalla parte dei riformatori. Ha firmato un documento comune con la Spagna di Pedro Sánchez sulla riforma del Patto di stabilità. L'ultimo esempio della flessibilità politica di Rutte è stato il viaggio a Tunisi con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, per cercare di convincere la Tunisia a bloccare le partenze. La stessa flessibilità ha permesso a Rutte di governare praticamente con tutti i partiti nei Paesi Bassi. Il primo governo Rutte godeva dell'appoggio esterno dell'estrema destra del Partito della libertà di Geert Wilders. Il secondo governo Rutte era una grande coalizione con i laburisti. Il terzo governo Rutte era all'insegna del liberalismo con la Cda, i D66 e l'Unione cristiana. Il quarto governo Rutte era a trazione europeista e progressista, con i D66 in posizione più forte grazie a un buon risultato alle elezioni del 2021.

   

La campagna nei Paesi Bassi ora potrebbe giocarsi su due temi che rischiano di mandare i populisti in orbita elettorale e mettere l'Ue in difficoltà. Il primo è quello del Green deal e dei costi per imprese, agricoltori e cittadini. E' su questo che il nuovo Movimento civico-contadino di Caroline van der Plas, vincitore delle elezioni provinciali di marzo, ha costruito il suo successo: una protesta di massa del mondo rurale contro il piano del governo per ridurre le emissioni dei nitrati al fine di rispettare vecchie regole dell'Ue. La decisione di Rutte di staccare la spina al governo sull'accoglienza dei rifugiati sposta il dibattito sui migranti, un tema su cui prospera il Partito della libertà del leader di estrema destra, Geert Wilders, ma anche il Forum per la democrazia di Thierry Baudet. Nel fine settimana, tutti erano convinti che Rutte fosse pronto a governare con il Movimento civico-contadino pur di guidare un quinto governo. Ora tutto diventa incerto, compresa la forza elettorale dei liberali del Vvd senza il loro leader storico, che aveva dimostrato una grande capacità di sopravvivenza. Tra Green deal, migranti e populisti, i Paesi Bassi rischiano di mandare in tilt l'Ue.

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