L'intervista

“Che fa Elly? Riformerà il Pd. La direzione nazionale è pletorica”. Parla Barca

Gianluca De Rosa

L'ex ministro ha sostenuto e previsto la vittoria della segretaria e ora spera in una rivoluzione dentro al partito. Schlein intanto silura Piero De Luca da vicepresidente della pattuglia dem alla Camera

Che cosa sta facendo Elly Schlein? “Sta lavorando per cambiare il partito. Quando non la vedete, non la trovate, è questo che sta facendo...”. Fabrizio Barca, ex ministro, coordinatore del Forum delle diseguaglianze è uno dei riferimenti teorici del fino a oggi nebuloso pensiero schleiniano. Dicono che i due si sentano spesso al telefono e allora per capire qualcosa di più sulla segretaria dem conviene parlarci. Né stato, né mercato, Barca è un teorico della democrazia decentrata: Ue, territori e open data “a disposizione dell’intelligenza collettiva”, perché, dice: “In Italia non ti devi inventare niente perché qualsiasi buona pratica, anche in modo assolutamente embrionale, già c’è”. Risonanze del grillismo della prima ora, ma più sofisticato.

E’ anche un teorico dell’apertura del Pd all’esterno e ha appena scritto un libretto dal sottotitolo eloquente “Elly Schlein e quel partito che ancora non c’è”. Due giorni fa lo ha presentato a Roma insieme al capo del M5s Giuseppe Conte. Ambasciata per Elly? “Macché”, dice lui. La perifrasi comunque si sposa a pieno con una preoccupazione che agita tanti nel Pd: Schlein vuole rilanciare il partito o usarlo come un autobus per farne qualcosa di diverso? Magari proprio quel “partito che non c’è” di cui parla Barca? Nella segreteria di Schlein ci sono diverse personalità con cui l’ex ministro ha condiviso ben più di una battaglia. Da Annalisa Corrado (responsabile Ambiente) a Marta Bonafoni. Mentre da ieri, nel gruppo parlamentare alla Camera, per volere della segretaria, Piero De Luca, figlio del governatore della Campania Vincenzo, capo di tutti i cacicchi nell’immaginario di Schlein, non è più vicepresidente. Insomma suggerisce Barca, la segretaria non pensa solo alle cene con Claudio Baglioni e all’armocromia, ma lavora sotto traccia a una rivoluzione. “Cambiare quel partito, anchilosato com’era, abituato a discutere tutto fuori nei corridoi e nei caminetti, e farlo a statuto dato, come, almeno per ora, sta facendo lei, è un’operazione che richiede tempo e lavoro”, sostiene. E però dal termovalorizzatore alla guerra, nessuno sa bene cosa pensi la segretaria, le iniziative politiche latitano e, alla fine, a dettare la linea a sinistra ci pensano intellettuali e passanti con proteste che durano un giorno. “Sottovalutiamo – insiste Barca – il profilo gestionale di un partito che è organizzativamente malato. La direzione è come il consiglio d’amministrazione di un’azienda, lo avete mai visto un cda di 180 persone? E’ diventato un organo pletorico attraverso il quale i partecipanti ottengono la possibilità di andare in tv, dov’è invece il luogo dove si litiga? Dc, Psi e Pci nelle riunioni se le davano di santa ragione, deve esserci un luogo fatto per questo, lei per adesso sta utilizzando la segreteria che ha innovato con alcune figure di rottura”. 


Per Barca il destino del Pd è anche quello di tornare a parlare con il M5s. E farlo su un’agenda molto a sinistra. Se Schlein non parla, ascoltiamo lui. “Bisogna partire da quattro/cinque soluzioni che rispondano al malessere di centinaia di migliaia di persone”. L’ex ministro fa quindi degli esempi: “La cura dell’infanzia e degli anziani per liberare davvero le donne, una gestione diversa dei dati sanitari oggi concentrati nelle mani di pochi soggetti che poi li utilizzano per rivendere farmaci e vaccini a dieci volte il loro prezzo, una politica industriale che liberi la capacità innovativa verde del paese. Persino sull’aggressione russa all’Ucraina – dice – si potrebbe osare di più parlando non solo delle angosce ucraine, ma anche di quelle dei russi”. Alcune di queste proposte, contestiamo, potrebbero far saltare sulla sedia i riformisti del Pd. “Se non ci si concentra sulle parole evocative e i manifesti dei valori, ma sui temi si trovano convergenze. Oltre l’ideologismo mercato contro stato il livello potenziale di convergenze con la componente cattolico democratica che più ha alzato la voce contro Elly è altissimo, poi che due o tre liberali se ne vadano non lo escludo, ma che esca Cottarelli, parliamoci chiaro, non è una questione rilevante per il Pd, il tema è evitare che si sfaldi l’alleanza tra cultura socialista, liberale e cristiano sociale su cui si fonda il partito, ma sono convinto che non accadrà”.

Di più su questi argomenti: