Elly Schlein (Ansa)

L'editoriale dell'elefantino

Ambra non basta, qui ci vuole Elly. Il pasticcio di Pd e sindacati sul Primo maggio

Giuliano Ferrara

Il governo la sua parte la fa, ora tocca all’opposizione. La strategia dei diritti è canterina e si sposa con il nullismo su guerra e politica estera: Schlein lasci perdere l’antifascismo e cerchi una sintonia con la realtà

Quando l’Italia si divide idealmente tra Concertone e decreto, sono tempi grami. L’impressione è che il Primo maggio i sindacati e la sinistra d’opposizione abbiano combinato un pasticcio ideologico mescolando “X Factor” e accuse inverosimili a un governo occidentale schierato con l’Ucraina, definito “piazzista di morte”, mentre il decreto sul lavoro abbassava le tasse e incrementava le buste paga. E venivamo da un 25 aprile in cui campeggiava il sospetto di razzismo, di fascismo, e siamo già con la fila delle vittime della repressione e della censura di un regime illiberale e autoritario. La strategia dei diritti è canterina e si sposa con il nullismo su guerra e politica estera, il governo mette in prosa il senso comune, l’ordinario delle cose da fare per toglierci il più possibile dagli impicci, magari con un’enfasi che può non piacere, uno spottone un po’ da apprendisti del media system, non si può avere tutto dalla vita.

 

Al Concertone ci è stato spiegato che la droga che fa più male è la smania di potere, concettone moraleggiante che vale una schitarrata fra amici in fase alcolica. L’opposizione non offre alternative di programma e idee sul futuro prossimo, non produce politica nel senso che è abituale da un paio di secoli, si smaterializza e evapora in un discorso bandistico, sventola bandiere e segnacoli in vessillo, lascia tutto il campo del pratico, del pragmatico e del logico al governo. I sindacati balbettano il riscatto del lavoro. Nessuno però vuole passare i prossimi quattro anni a recitare la filastrocca governativa ormai quasi obbligata, e quant’è abile Meloni, e quant’è brava, e che bella sorpresa la conversione dal sovranismo populista all’europeismo, all’atlantismo e a una ordinaria politica sociale non incompatibile con il mercato. Ambra, è vero, ha in parte riscattato l’alterigia gentile con cui il nostro Chomsky, tra scienza pensiero orientale e divulgazione, ha scatenato chissà perché allo “Zecchino d’oro” i demoni della lotta senza quartiere al “National Security State”, neanche fosse la reincarnazione di Gore Vidal. Ma Ambra non basta, ci vorrebbe Elly. Se il governo fa più o meno la sua parte, spesso trafitto dalle enormità dette tra le sue file ma immune dal farne una questione istituzionale o una filosofia di vita, ci vorrebbe un’opposizione di alternativa capace di fare la sua, di parte.

 

Dicono che bisogna capire il fenomeno Elly, che i sondaggi la premiano, che quella storia dell’armocromista è una genialata d’immagine, ma è pure ininfluente in una esternazione a Vogue piena di idee e di valori carichi di efficacia politica. Può darsi. Forse ci vorrebbe qualcosa di più solido dei valori e delle idee, una piattaforma convincente di rivendicazioni sindacali non demagogiche e una proposta riformatrice in Parlamento, per evitare a chi ha ancora una qualche fiducia nella politica ordinaria di biascicare per quattro anni quant’è abile Meloni. Probabilmente è un chiedere troppo. I tempi non sono ancora maturi per rispondere a una politica professionale di governo con una politica professionale di opposizione. Allora però scegliere qualche tono medio meno focoso della propaganda antifascista e antirazzista, cercare una qualche sintonia non evanescente con la realtà delle cose, piantarla lì con l’appello concertonistico, orchestrato, a un’Italia disperata, reietta, precaria, non protetta, fallita e ineguale che con ogni evidenza esiste e non esiste, anzi, non esiste proprio.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.