l'editoriale del direttore

Lo spettacolo dei populismi italiani travolti dai numeri e dalla realtà (lo dice anche Macron)

Claudio Cerasa

Lavoro, Europa, difesa, pensioni, candidati. La realtà va da una parte, il populismo dall’altra. Cinque notizie piccole e sfiziose ci aiutano a ragionare sulle favolose conseguenze dell’anti populismo

La realtà va da una parte, il populismo dall’altra. Ci sono cinque notizie piccole e sfiziose comparse negli ultimi giorni sulla nostra timeline che meritano di essere messe insieme per ragionare attorno a un tema che si trova distante anni luce dall’agenda Vannacci & Associati: le favolose conseguenze dell’anti populismo. La prima notizia, che porta buon umore, è quella che ci ha consegnato ieri l’Istat. A marzo, su base mensile, il tasso di occupazione in Italia è salito del 62,1 per cento, toccando un nuovo record assoluto, registrando un numero di occupati superiore di 425 mila unità rispetto a un anno fa e facendo segnare anche un aumento dei dipendenti a tempo indeterminato (559 mila). I sindacati dicono, da anni, che un mercato flessibile è pericoloso per il lavoro; i numeri dicono, da anni, che dare più flessibilità agli imprenditori significa aiutare le imprese ad assumere di più. Sono le conseguenze dell’anti populismo, bellezza.

 

La seconda notizia, che porta anch’essa buon umore, è quella che ci ha consegnato qualche giorno fa il Sole 24 Ore. A marzo, la famosa Quota 103, non ha avuto gli effetti che si augurava uno degli autori della famosa Quota 100, ovvero Salvini, e il numero di nuove pensioni richieste, rispetto all’anno precedente, è calato del 16,16 per cento. I populisti dicono, da anni, che solo mandando più persone in pensione è possibile creare più lavoro in Italia; i dati dicono che l’unico modo per creare più lavoro non è spendere soldi per agevolare i pensionamenti ma fare di tutto per stimolare la crescita.

 

Ed eccoci qui, alla notizia numero tre: grazie al Pnrr, e dunque grazie all’Europa, l’Italia continua a registrare stime positive sulla crescita, che permettono di proiettare il pil del nostro paese allo 0,7 per cento nel 2024 e all’1,2 per cento nel 2025. Avere un’Europa che fa di più aiuta l’Italia a fare meglio e chiedere all’Europa di fare di meno per l’Italia, come chiede qualche leader del governo, come Salvini, significa molto semplicemente chiedere all’Europa di non aiutare più l’Italia a crescere.

 

La quarta notizia, interessante più che eccitante, riguarda un tentativo, da parte di alcune forze politiche, di riequilibrare le spinte centrifughe ed estremistiche dei propri leader o dei propri alleati. Salvini punta sull’agenda Vannacci, che sull’Ucraina è perfettamente simmetrica all’agenda Tarquinio, e il partito della regione della Lega, e anche della ragione, questa volta sceglie di abbandonare il mutismo e decide di mandare a quel paese il proprio leader facendo sapere (Fedriga, Zaia, Centinaio, Giorgetti) che la candidatura del generale non la sosterrà.

 

La quinta notizia, più interessante, è che il principale partito dell’opposizione, il Pd, e il principale partito della maggioranza, Fratelli d’Italia, sull’Europa del futuro hanno idee non così distanti. Entrambi chiedono all’Europa di concentrarsi più sulla competizione tra i giganti del mondo che sulla competizione tra i nani del continente. Ed entrambi sono favorevoli a lavorare per avere in futuro una Difesa comune europea in grado di proteggere, anche se questo andrebbe fatto superando l’ipocrisia di entrambi i partiti di voler lavorare a una Difesa europea senza però voler destinare nel nostro paese maggiori investimenti al settore.

 

L’ultima chicca, deliziosa, è quella contenuta nell’intervista rilasciata all’Economist da Emmanuel Macron, che in un passaggio del suo lungo dialogo con il settimanale inglese ha usato parole sorprendenti sulla presidente del Consiglio italiano. “Non dobbiamo lasciare che si affermi che gli europei sono contrari agli interessi del loro stato nazionale. Ma i nazionalisti, che sono stati eletti sulla base di programmi dubbiosi riguardo all’Europa, vedo che alla fine si comportano più come gli europei e me ne rallegro. La presidente del Consiglio italiano oggi ha un approccio europeo”. Il populismo combattuto dagli anti populisti è una delizia. Ma quando sono gli anti populisti a combattere quello che hanno alimentato, lo spettacolo è doppio e i risultati si vedono. 

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.