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L'editoriale del direttore

Sondaggi sullo stato dell'opposizione: va forte la coalizione che non c'è

Claudio Cerasa

Giorgia Meloni gode di un gradimento che non scende, anche se è tra i più bassi della storia recente. La destra è forte, ma non proprio con il vento in poppa. 
E il centrosinistra, se fosse unito, sulla carta batterebbe il centrodestra. Numeri per tornare alla politica

Vento in poppa o no? I sondaggi valgono quello che valgono, lo sappiamo, e lontani dalle elezioni che contano, che saranno le europee del prossimo anno, valgono ancora meno. Eppure in una fase tutto sommato piatta della vita politica, con un governo stabile, una maggioranza solida, un’opposizione sfilacciata, un calendario elettorale che non presenta insidie, i sondaggi torneranno a essere per molti mesi il termometro con cui la politica giudicherà se stessa. E se si sceglie di passare qualche ora a spulciare la montagna mastodontica di sondaggi custoditi come da tradizione sul sito del governo, in una sezione curata dal dipartimento per l’Informazione e l’editoria, si scopriranno alcune novità interessanti che a lungo andare potrebbero avere un impatto sulla vita politica del nostro paese. Il primo elemento gustoso, e scoraggiante per le opposizioni, riguarda il gradimento del presidente del Consiglio. Prendiamo i dati Ipsos. 

La notizia positiva per Giorgia Meloni è che, rispetto all’inizio della sua esperienza di governo, il gradimento nei suoi confronti non è sceso e questa è una rarità. La notizia meno positiva è che il gradimento per il presidente del Consiglio è uno dei più bassi della storia recente della nostra Repubblica. Qualche numero per divertirsi. Romano Prodi al suo insediamento, ai tempi del suo ultimo governo, aveva il 54 per cento di gradimento, dopo sei mesi il gradimento era sceso a 40. Berlusconi, durante il suo ultimo governo, è passato in sei mesi dal 63 per cento di consenso al 55 per cento. Monti è passato dal 61  al 47 per cento. Letta dal 60 al 54 per cento. Renzi dal 63 al 56 per cento. Gentiloni dal 35  al 39 per cento. Il primo Conte è rimasto stabile al 60 per cento nei primi sei mesi. Il secondo Conte è passato dal 60 al 51 per cento dell’ultima rilevazione pre pandemica. Il governo Draghi è passato dal 60 al 67 per cento di gradimento dopo sei mesi. Il presidente Meloni è partita con il 40 per cento, è rimasta lì ancorata al 40 per cento e ora viaggia intorno al 44 per cento (20 aprile). Si dirà: ma cosa possono dirci sondaggi come questi che hanno attribuito anche a leader politici con poco consenso valori di gradimento molto alti? Davvero ci possono comunicare qualcosa? Forse sì. E’ significativo, per esempio, come Meloni, nonostante le molte capriole, le molte contraddizioni, i molti cambi di postura, sia riuscita a non perdere consenso personale. Ma è altrettanto significativo, e qui arriviamo al secondo punto, quanto il gradimento del presidente del Consiglio rifletta una condizione visibile non solo nella realtà delle ultime elezioni, quelle del 2022, ma anche in altri sondaggi. Ovverosia: la presenza di una destra forte, maggioritaria, egemonica, ma non necessariamente con il vento in poppa. E qui arriviamo a un piccolo campanello d’allarme per il partito di Giorgia Meloni: il calo di consensi del suo partito. Fratelli d’Italia, lo sappiamo, è il primo partito del paese, ma da quattro mesi a questa parte ha perso con costanza, stando ai sondaggi, lo 0,5 per cento ogni mese. Risultato: il 23 gennaio (dati Swg) il suo consenso era pari al 30,8 per cento, oggi (sondaggio del 17 aprile sempre di Swg) il suo consenso è pari al 29 per cento. Due punti in due mesi. Più o meno la stessa media punti persa dal M5s, dal Pd di Renzi e dalla Lega di Salvini dopo aver raggiunto il loro picco (il M5s nel 2018, Renzi nel 2014, la Lega nel 2019). Il piccolo calo registrato dal centrodestra continuerà a essere insignificante fino a quando il centrodestra avrà quello che il centrosinistra non ha, ovvero una coalizione, ma negli ultimi mesi nel mondo dell’opposizione si è manifestata una circostanza interessante: la crescita del Pd (oggi al 21 per cento, il 23 gennaio era al 14: sono sette punti in quattro mesi) non è avvenuta a discapito del M5s (che a gennaio era al 17,4 per cento e che oggi è al 15,4 per cento) ma è avvenuta a discapito di altri partiti. Il risultato di questa nostra indagine spericolata tra i numeri dei sondaggi ci offre uno scenario interessante se si vuole provare a introdurre in modo un po’ forzato un pizzico di pepe nei prossimi monotoni mesi della vita politica italiana. E il pepe è questo: cosa scopriamo oggi se mettiamo insieme le percentuali dei partiti di centrodestra e le confrontiamo con le percentuali dei partiti di centrosinistra, fingendo naturalmente che esista quello che non esiste, ovvero una coalizione di centrosinistra? Scopriamo questo. Scopriamo che i tre partiti della maggioranza, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega hanno insieme il 44,7 per cento (a gennaio insieme totalizzavano il 45,9). E scopriamo poi che i tre partiti diversamente alleati, Pd, M5s, Italia viva, Azione, Più Europa, Verdi e Sinistra, insieme hanno il 49 per cento. Ovvio: la differenza principale tra la coalizione di centrodestra e quella di centrosinistra è che la prima esiste e la seconda no. Ma se da qui alle prossime europee il quadro dovesse rimanere lo stesso, il tema per il principale partito dell’opposizione diverrà uno e soltanto uno: iniziare a trovare temi unitari, nel centrosinistra, per provare a costruire qualcosa di simile a una coalizione, cercando di ricordare che quando il centrosinistra non si disperde, quando pensa un po’ meno ai tweet e un po’ più alla politica, di solito fa una cosa sorprendente anche per il suo elettorato: oltre che partecipare, prova anche a vincere.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.