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La verità a ciabatte

Il vero problema di Carlo Rovelli non sono nemmeno le sue balle, ma il popolo che se le beve 

Maurizio Crippa

La Liberazione in dubbio, l’Isis normalizzato e altre ciabattate. Il fisico mediatizzato incanta la folla al concertone del Primo maggio e inneggia alla "pace". Ma come la intende Putin

Il problema non sarebbe nemmeno Rovelli (Carlo, il fisico mediatizzato). Le sue ciabatte, le sue opinioni ciabattate. Il problema è di chi lo invita al Concertone a sparare putinate che nemmeno Pupo a Mosca avrebbe detto. Ma il popolo lo venera. Tanto che nemmeno si sono accorti che qualche giorno prima Rovelli aveva sputato sul sacro valore della Resistenza, peggio di La Russa su via Rasella: “Non sono sicuro che la nostra fosse una guerra di liberazione”. Ah no? “Verona fu bombardata dagli inglesi non dai tedeschi”. Era meglio tenersi i nazifascisti? E addirittura: “Mi pare che eravamo alleati per lungo tempo dei tedeschi”. Dunque la storia, e l’interpretazione ufficiale della Resistenza come insurrezione che ha riscattato l’Italia, sono false? Il vero problema, alla fine, è la pulsione patologica della sinistra irriflessiva a costruirsi, ogni tot, un nuovo papa straniero. Ci fu Pancho Pardi, poi venne Ingroia, e Saviano. Precipitati nel loro nulla uno dopo l’altro. Ora la stella è Rovelli. Ma se lo hanno ascoltato, davvero lo condividono?

 

Ogni stagione di piazza movimentista (da cui la sinistra ufficiale non ha mai la forza di carattere di prendere le distanze, bisogna affidarsi alla schiettezza di Ambra Angiolini) ha il suo profeta di riferimento. Ora è il turno di Rovelli. Il nuovo guru di una sinistra concertonista che inneggia alla “pace” ma come la intende Putin e che brucia le bandiere dell’Unione europea e della Nato (le belle bandiere erano quelle del Patto di Varsavia) è insomma lui, lo scienziato dei buchi bianchi. Ma fuori dalla scienza, Carlo Rovelli non è soltanto un ideologo sgangherato: quando parla di politica, ci sono parecchie “informazioni a proposito del mondo che gli mancano”. Così liquidò le sue sparate Adriano Sofri  nel 2015, quando lo scienziato si dilettava a negare l’esodo delle popolazioni massacrate dallo Stato islamico. Il guru Rovelli che oggi in tv sostiene che bisogna “chiedere ai nostri governanti che l’obiettivo sia la pace”, e non la libertà degli ucraini (del resto nemmeno la Resistenza fu lotta di liberazione, no?) è un falsificatore di fatti storici di lunga data. Oggi dice: “Penso che in realtà la maggior parte degli ucraini vuole la pace”. Cioè la resa, farsi ammazzare o deportare? Ne è sicuro? E invece i russi? I buoni russi, ovviamente, non li nomina nemmeno. Secondo lui bisogna impegnarsi “perché la guerra finisca, non per vincerla”. Chissà se i concertonisti si sono mai posti una semplice domanda: ma se avessero fatto così i loro nonni contro i nazisti, che pace avremmo avuto? Il fatto è che non se lo chiedono, sono d’accordo con Rovelli e con Putin. Nemmeno Pupo avrebbe osato tanto. Preferiscono la bocca a ruota libera, aperta come una ciabatta: Crosetto è un trafficante d’armi, degli oligarchi russi invece nemmeno l’ombra. “Questo non è il mondo che ci piace, il mondo non è dei signori della guerra, ma vostro, perché siete tantissimi e il mondo potete cambiarlo. Sognate un mondo migliore e costruitelo, non vivete nell’attesa di sogni irrealizzati”. Non ha concluso strillando “Ciao Roma! Ciao Italia!” come Madonna Ciccone, ma con un ultimo applauso al cretinismo: “Non abbiate paura di imbrattare i muri, cambiate questo mondo”.

 

Va bene così, ai concertonisti di Pupo Rovelli. Che ovviamente il suo percorso lo conoscono bene. E’ lo stesso Rovelli che i massacri dell’Isis proprio non li vedeva: yazidi, curdi, cristiani, sciiti, milioni di sfollati, migliaia di morti, semplicemente non c’erano. C’era invece un Isis malleabile come pongo e che andava magicamente “normalizzato”. Normalizzare anche la brigata Wagner, magari? Ed è lo stesso che di Hong Kong, quando gli studenti venivano manganellati, arrestati e processati dai soldati del regime di Pechino, riuscì a dire che in fondo erano dei figli di papà che non volevano perdere i loro privilegi. Confondere i privilegi con la libertà, questa è la scienza politica di Rovelli. Ma c’è evidentemente una sinistra (sarà davvero sinistra? Qualcuno da quelle parti ha il coraggio di dare un giudizio?) che ha bisogno di aggrapparsi a questi ciclici mistificatori ideologizzati. Ci fu il popolo dei girotondi col trotzkista non pentito Moretti (“Con questi dirigenti non vinceremo mai”). Poi i giudici “antropologicamente diversi”, falsificatori della trattativa à la Ingroia portati come madonne pellegrine in giro per l’Italia; e l’alto magistero profetico di Roberto Saviano (“il papa straniero” atteso dai giornali di sinistra) con la sua narrazione del mondo in mano al patto criminale tra mafie e liberismo. Ora è il momento del fisico che non è sicuro che la guerra di liberazione fu davvero tale (quindi partigiani uguali ai tedeschi?) e per il quale oggi la guerra in Ucraina non esisterebbe, se non fosse per colpa dei “piazzisti di strumenti di guerra”. Ma il problema non è Rovelli, non sono le sue ciabattate propalate come verità. Il problema è la sinistra (e i media) che lo ha eletto a nuovo punto di riferimento. Fino alla prossima sbandata.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"