La guerra di Putin riaccende il conflitto tra Di Maio e Conte

Valerio Valentini

L'ex premier contesta gli impegni Nato e asseconda le bizze dei suoi senatori: "Sbagliato votare a favore del 2 per cento per le spese militari". Il ministro degli Esteri si prepara ad accompagnare il premier a Bruxelles ed è sul fronte opposto: "Il M5s stia con Draghi, con l'Ue e con Washington". Nel mezzo, gli sbuffi di Letta: "I grillini? Sono faticosi"

L’uno ha scelto di non esserci. E anzi, l’attesa per il discorso di Zelensky ha provato a occuparla a distanza, ma comunque con destrezza, facendo sapere che di assecondare l’aumento delle spese militari non vuole saperne. L’altro era proprio lì, al fianco di Mario Draghi, e l’applauso più convinto, plateale, se l’è fatto scappare quando il premier ha rivendicato la giustezza degli aiuti “anche militari”, alla resistenza ucraina. L’uno, Giuseppe Conte, contesta gli impegni dettati dalla Nato. L’altro, Luigi Di Maio, dice che “per me il M5s sta con la Nato”. E anche per questo giovedì accompagnerà Draghi a Bruxelles, in occasione del vertice dell’Alleanza atlantica. 

E insomma la guerra di Putin, e le polemiche che ne conseguono, hanno riaperto la corsa agli armamenti nel M5s. Una guerra che era rimasta congelata dopo il trambusto del Quirinale, e ora deflagra di nuovo. 
E allora ecco Conte che continua a rimproverare ai suoi deputati quel voto a favore di un ordine del giorno, condiviso da tutti i partiti, in favore dell’impegno Nato sul 2 per cento del pil per le spese militari. Lo stesso che lui, quando era premier, si diceva ansioso di  rispettare, rivendicando anzi la piena sintonia con Donald Trump. “Ma non è questo il momento”, ripete. Una doppiezza che fa il paio con quella di Matteo Salvini: pure lui con un gruppo parlamentare che vota a favore del maggiore impegno militare, pure lui tribolato da crucci di coscienza (“Quando si parla di armi, fatico ad applaudire”). Ma c’è di più, nella mente di Conte. C’è il fastidio per quella che i suoi fedelissimi vedono come una furbata di Palazzo Chigi, che anziché assumersi la responsabilità diretta della scelta ha preteso che fossero i partiti a intestarsi la richiesta. E così lunedì sera l’ex premier riunisce il vertice del M5s, spiega che “le priorità ora sono il caro energia e il caro bollette”.

L’indomani, all’alba, mentre si allestisce il collegamento con Kyiv per l’intervento di Zelensky, in Transatlantico piomba la notizia: “Se al Senato i nostri decideranno di contraddire il voto della Camera, Giuseppe non s’opporrà”, sibilano i contiani.  Ed è una strambata così sgrammaticata che anche al Nazareno scuotono il capo. Enrico Letta, che sempre più spesso si ritrova a sbuffare per le bizze dei grillini (“Sono faticosi”), manda avanti i colonnelli, come Enrico Borghi, a confutare le tesi del fu avvocato del popolo: “Certo che le bollette sono un’emergenza, ma anche la guerra lo è”. E ancora deve esplodere l’altra grana. Quella di Vito Petrocelli, senatore irredimibilmente filorusso che annuncia il suo voto contrario sul dl Ucraina e chiede pubblicamente al M5s di uscire dal governo. E il bello è che lo fa da presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama, e senza alcuna intenzione di dimettersi. Glielo chiedono in tanti: anche nel Pd, anche tra i colleghi grillini. Ma lui resiste, e anche nella riunione di gruppo di oggi ribadirà le sue supposte ragioni.

Che fare, allora? Conte lascia intendere che non transigerà, stavolta. Ma i  parlamentari più vicini a Di Maio se lo chiedono: “Perché queste ambiguità?”. Il ministro degli Esteri predica calma: “Il M5s sta con Draghi, con l’Ue e con la Nato. E ci sta tanto più convintamente in una situazione grave come questa”, spiega a un manipolo dei suoi. E però, nel ribadire quel che pare ovvio, certifica inevitabilmente una distanza notevole rispetto a Conte. Se non altro nei toni, nelle scelte comunicative. E del resto, da capo della Farnesina, lunedì sera, mentre l’ex premier coordinava la riunione grillina, lui era a Bruxelles per un vertice sugli Affari esteri dell’Ue. E a Bruxelles tornerà anche domani. Lo farà insieme a Draghi, in occasione del vertice Nato che si svolgerà in concomitanza col Consiglio europeo. E difficilmente in quel contesto si dirà che ci sono “altre priorità”, rispetto alla guerra. 
 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.