Conte batte cassa: M5s in rosso

Valerio Valentini

Preoccupazione in vista delle imminenti amministrative. E anche tra chi esaltava il fu avvocato del popolo, ora c’è chi si lamenta: “Si è circondato di yes man, non ascolta più nessuno”

Follow the money. Forse un bel pezzo del disorientamento generale, nel M5s, passa da qui. Dai soldi. Specie da quelli che non ci sono. “Rischiamo di compromettere l’operatività delle strutture”, ha detto due giorni fa Giuseppe Conte. Lo ha detto, con formula avvocatesca, comme il faut, per disinnescare le lamentele di chi, tra i direttivi di Camera e Senato, durante la riunione via Zoom esprimeva una certa angoscia per l’immobilismo del partito, anche in vista delle imminenti amministrative. Ma anche la campagna elettorale va finanziata, ha spiegato Conte, col tono di chi lamentava i ritardi dei parlamentari nella restituzione dei fondi previsti. “E qui, invece, fatichiamo anche a coprire le spese vive”, ha insistito l’ex premier.

 

Insomma il problema starebbe qui, nella cassa esangue. Motivazione che però convince poco, o comunque poco rassicura, i parlamentari. Gente come Mirella Emiliozzi, costretta a chiedere udienza ai vicepresidenti per avere dei chiarimenti: “Per le amministrative nelle Marche tutti mi pressano, ma io non so cosa dire”. Né lo sanno a Palermo, dove il M5s è in preda a faide interne e vive nell’incertezza di una possibile virata su un simbolo nuovo, quello personale di Conte. Che però, al momento, pare avere  problemi di comunicazione coi suoi parlamentari. E non basta lo sforzo di chi, come Michele Gubitosa, prova a rabbonire gli animi per conto del capo.

 

Giovanni Aresta, per dire, ieri vagava per il Transatlantico con aria desolata: “Io, che sono relatore del dl Ucraina, ho chiesto a lungo a Conte un colloquio. E lui non mi ha mai risposto”, si sfogava. “Poi però contesta il voto del M5s a favore di un odg sull’aumento delle spese militari”. E deve esserci qualcosa di profondo, in questo malcontento, se perfino tra gli ex ministri del BisConte, tra quanti esaltavano sempre il fu avvocato del popolo, ora c’è chi si lamenta apertamente: “Giuseppe si è circondato di yes man, non ascolta più nessuno”. E perfino uno come Stefano Buffagni, interrogato sul tema, preferisce buttarla in riso: “Potremmo scrivere un manuale sull’autodistruzione”.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.