L'ibridissimo esecutivo dei migliori

Giuliano Ferrara

In Italia, come in Israele, non si va a caccia dell’uomo nero, ma si mettono d’accordo i contrari tra forze che si sono combattute anche aspramente

Ibridismo fase suprema del trasformismo. La coincidentia oppositorum parlamentare. Quantomeno in Israele e in Italia, partorienti gemelle del mostruoso e del surreale. Potenza dei nomi, delle personalità politiche e delle loro parabole. I governi si fanno in Parlamento, scansando le elezioni, anche quando non c’è una maggioranza omogenea, ce n’è solo una di risulta, e si fanno su un nome, da escludere o da celebrare, con coalizioni in linea teorica assurde. I nomi fatali sono Salvini, Netanyahu, Draghi. Il 4 marzo del 2018 in Italia le elezioni non le vince nessuno, dal punto di vista di una maggioranza omogenea e legittimata dalla sua storia e dal voto. Nasce un governo ibrido tra forze che si sono combattute anche aspramente, unite da una caparbia volontà di governo e di pieni poteri alla fine incarnata da un nome, Salvini, e coperta da un avvocato sconosciuto a tutti e dalla matrice modesta, Conte. Salvini cade un anno e qualcosa dopo, causa voracità eccessiva, e si forma un altro governo ibrido tra forze che si sono combattute strategicamente fino al parossismo, democratici e grillini, il famoso Bisconte guidato da un tirocinante che si rivelò alfine esperto nella manovra. Infine, una missione superibrida, mettere insieme tutti i nemicissimi di ieri tranne Meloni, che però c’è e non c’è, si incarna di nuovo in un nome che la rende possibile, Draghi. Una volta c’era da far fuori un uomo nero, questa volta l’uomo nero è insieme a tutti gli altri, trasfigurato da europeismo e grisaglia, nel segno della personalità scintillante di un politico e tecnico europrovvidenziale che obbliga e mette d’accordo tutti i contrari nell’ibridissimo esecutivo dei migliori.


In Israele è di nuovo in forza della battaglia personale contro un uomo, un nome, Netanyahu, che si forma un governo del paradosso e dell’ossimoro, dopo quattro elezioni consecutive: Bennett, il religioso amico dei coloni già segretario del premier estromesso e Lapid, il laico romanziere, attore, sceneggiatore e poeta, premier a staffetta in teoria fino al 2025, accompagnati dal centro sconfitto di Benny Ganz, un piccolo nucleo laburista, e dalla formazione arabo-islamista e vattelapesca da chi altro. Il diavolo e l’acqua santa si fondono in una maggioranza superibrida (60 a 59) per non fare la quinta elezione consecutiva contro i votosubitisti del detestato e temuto Bibi, e possibilmente per mandarlo in galera con i complimenti diffusi per le acquisizioni strategiche del suo lungo regno politico e personale.

 

Da noi, dopo lo choc del 4 marzo del 2018, il problema delle elezioni non c’è più, meglio ogni possibile ibrido, e in Israele cercano di imitarci dopo quattro inconclusive tornate. L’ibridismo è fase suprema per ragioni storiche chiare, e si presenta anche come una variazione traumatica del trasformismo e del parlamentarismo spinto. Johnson è il capo dei conservatori, punto. Macron è figlio del presidenzialismo golliano e della monarchia repubblicana del secondo turno plebiscitario. Merkel è la stabilità di una classe dirigente, del popolarismo e di un’ideologia della Grosse Koalition che è un deposito anche pratico di molti anni. La Spagna è bipolarista. In questi paesi, più o meno, si fa quel che si dice, quale che sia la legge elettorale. In Italia e in Israele si fa quel che si può. Nascono combinazioni che non sono il trasformismo lento e graduale del connubio o delle sostituzioni di casacca parlamentare o degli intrecci sottili tra destra e sinistra, risultano piuttosto in una variante Delta della filosofia politica classica schmittiana: la politica non è più il campo che delimita amico e nemico, è il chiostro dove si alleano nemici mortali in una cabala conventicolare degli amici-nemici.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.