Giuseppe Conte (foto LaPresse)

Quello strano appello del manifesto in favore di Conte

Carmine Fotia

Il giornale che un tempo incarnava il ruolo di coscienza critica della sinistra, ora attacca chi rivendica il ruolo del Parlamento

Ho venduto la prima copia del manifesto a sedici anni; nella sua redazione romana in via Tomacelli 146, al quinto piano, ho trascorso i migliori anni della mia vita tra indimenticabili maestri e profonde seppure burrascose amicizie. Per questo non credevo ai  miei occhi quando ho visto pubblicato sul quotidiano comunista un appello, firmato da autorevoli intellettuali di sinistra, a favore del presidente del Consiglio e del governo in carica, vittima di un  “accanimento” che  “ha raggiunto livelli insopportabili”, ad opera di chi diffonde una “narrazione artificiosa e irresponsabile”.

 

Il manifesto, a mia memoria, non ha mai pubblicato un appello a favore di alcun governo e anzi, il suo più fortunato claim dice “Dalla parte del torto”, rivendicando il ruolo di coscienza critica della sinistra ma più in generale della società italiana. Ai tempi del sequestro Moro e della lotta al terrorismo, per esempio, tenne una linea trattativista e garantista che rompeva il clima di unità nazionale e che fuoriusciva clamorosamente dalla tradizione comunista.

  

Non ricordo un appello a favore del governo neppure ai tempi dell’Ulivo (gli unici governi di centrosinistra della storia repubblicana) e, anzi, ricordo il largo spazio alle posizioni critiche di Fausto Bertinotti e la durissima campagna contro la guerra nella ex-Jugoslavia condotta da un governo guidato da un post-comunista come Massimo D’Alema.

 

Gli unici appelli a favore di un governo furono quelli per il governo di sinistra del Cile nel 1973. Ora, a meno di non confondere la pochette mai stropicciata del populista Giuseppe Conte nell’ennesima diretta Facebook, con l’elmetto del socialista Salvador Allende nel palazzo della Moneda assediato dai generali fascisti, c’è da interrogarsi su quale sia il grande pericolo alle porte. Eccolo: è un disegno (un piano segreto della Spectre?) frutto della convergenza “degli interessi e delle aspirazioni di coloro che vogliono sostituire questo governo e la maggioranza che faticosamente lo sostiene, per monopolizzare le cospicue risorse che saranno destinate alla ripresa”. 

 

È proprio perché ogni governo tende a “monopolizzare” le risorse, soprattutto in una fase di emergenza, che esiste il Parlamento e che misure limitative delle libertà, che pure gli stessi appellanti ammettono ci sono state, possono essere consentite solo per periodi molto brevi (da noi se prima si governava con i decreti che comunque devono passare dal parlamento, da due mesi si governa solo con i Dpcm di diretta emanazione del capo del governo e senza approvazione parlamentare).  

 

Nel mirino degli appellanti però non c’è l’opposizione di destra considerata nel suo insieme da tenere lontana anche in una fase così delicata e cruciale, bensì le critiche avanzate  da giuristi, commentatori e forze politiche ovvero “i democratici liberali, i grandi paladini della democrazia e della Costituzione, i cui show disinvolti e permanenti non fanno proprio bene al paese, anzi lo danneggiano”.

 

Si tratta di critiche espresse alla luce del sole, sui giornali, in Tv, in parlamento e meraviglia che coloro che definirono con i peggiori termini possibili una riforma costituzionale che, al di là di come la si pensasse (io ero per il Sì), è stata sottoposta a tutti i passaggi parlamentari e poi bocciata dal previsto referendum confermativo, possano oggi respingere con fastidio le poche voci critiche che segnalano il rischio di un lento e talvolta inconsapevole slittamento verso un populismo dell’emergenza: il capo, i suoi staff, la comunicazione diretta con il popolo. Non fu per questo sospetto che Matteo Renzi, cui non mancarono certo venature populiste, fu infine cacciato come usurpatore?

  

E oggi? Possiamo dirci vaccinati da questo virus che, se si somma al Covid-19 può produrre una rottura senza precedenti dell’ordine democratico? Possiamo sentirci al sicuro se il premier pare allergico al confronto parlamentare che è stato costretto a subire dai suoi stessi partner e che ogni volta trasforma nell’arena di uno scontro con le opposizioni? Possiamo chiudere gli occhi dinnanzi all’uso spregiudicato della comunicazione istituzionale trasformata in un ansiogeno reality-show da parte di chi la gestisce per conto di  un premier dominus della Rai e cui l’emergenza offre una naturale preponderanza mediatica? E posso dire che mi allarma il fatto che per sostenere la linea prudente del governo sul lockdown si diffonda la notizia di “150.000” possibili ricoveri in terapia intensiva, manipolando il dato di uno studio dell’Iss il quale correttamente disegnava lo scenario di uno sblocco totale, immediato e senza alcuna misura anti-virus, che nessuno ha mai neppure vagamente immaginato?

 

Sono sicuro che qualche tempo fa queste stesse domande le avremmo lette sul manifesto. Non oggi. E questo è un bruttissimo segno dei tempi.

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