Antonello Giacomelli (foto LaPresse)

Giacomelli (Pd) ci spiega perché il governo non rischia. Per ora

David Allegranti

Il deputato democratico: “No a nuove formule, miglioriamo il decreto liquidità e razionalizziamo la comunicazione. La nostra bussola deve essere il principio di realismo”

Roma. “La nostra bussola deve essere il principio di realismo, mentre invece vedo fantasticherie su formule nuove per nuovi governi: non credo che ci sia alcuna condizione per alimentare questa discussione adesso, sarebbe una follia”, dice al Foglio il deputato del Pd Antonello Giacomelli, un tempo braccio destro di Dario Franceschini. “E sempre secondo il principio di realismo, mi pare auspicabile che il Parlamento migliori il decreto liquidità inserendo elementi di attenzione in più: se il governo ritiene che la fase 2, o meglio 1 e mezzo, necessiti di maggiore cautela allora è evidente che più resta il blocco più cresce l’esigenza di risorse pubbliche a fondo perduto per attività economiche, famiglie e imprese. Quindi il decreto deve dare risposte forti in questo senso”.

 

E, ancora secondo il principio di realismo, “credo che ci siano modelli comunicativi migliori di quelli che vediamo. Io direi di razionalizzare la comunicazione. Non è possibile che ogni consulente del governo faccia una sua conferenza stampa per annunciare la sua visione del mondo al paese. Ci sono già le conferenze stampa del presidente del Consiglio, che peraltro andrebbero sempre dosate con misura, non aggiungerei altri annunci e altre questioni. Così come ho trovato irrituale, per così dire, che alle osservazioni della Cei, condivisibili o meno, abbia risposto con un'agenzia il comitato tecnico-scientifico. È il governo, casomai, è il presidente del Consiglio, insomma, che deve rispondere, non i consulenti del governo. Su questo aspetto ci dovrebbe essere lo stesso rigore che si usa per tenere bloccato il paese. Se la Cei pone un problema, sul quale non entro nel merito, non è che rispondono i tecnici. È il governo che deve valutare nella sua responsabilità”.

 

È anche opportuno, dice Giacomelli, che il governo non consenta “alle burocrazie dei ministeri di frenare lo slancio, perché la politica deve prevalere sulla burocrazia. Già abbiamo esposto il presidente Mattarella a irrituali richieste e sollecitazioni nei confronti dell’Unione Europea. La Bce ha concesso un trilione alle banche purché sia finalizzato alle imprese, è stato sospeso il patto di stabilità, ci sono pure i 36 miliardi del nuovo Mes. Cos’altro serve? È opportuno che il governo si concentri su scelte rapide, con una visione. La prudenza può essere giusta, ma più aumenta la prudenza nella ripartenza, più è necessaria maggiore forza nel sostegno al paese”. Detto questo, Giacomelli non vede una “costituzione sospesa”. “C’è un problema del ruolo del Parlamento, che però deve essere il Parlamento stesso a rivendicare. Non capisco la polemica che viene fatta sulla sospensione della Costituzione. In periodi del genere occorre un bilanciamento della tutela dei diritti costituzionali, ma quando è in gioco il diritto alla vita questo prevale su altro. Dopodiché, lo ribadisco, il passaggio parlamentare sul decreto Aprile introdurrà modifiche che possono fare solo bene alle scelte del governo. Non avrei timore su questo”.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.