Matteo Renzi e Dario Franceschini (foto LaPresse)

Conte e il dopo. Cosa bolle in pentola tra Renzi e Franceschini

Al momento sia al leader di Italia viva sia al ministro della Cultura non conviene fare cadere il premier

Della questione Campidoglio ancora non si è parlato a fondo al Nazareno, anche se sono già partiti i primi sondaggi sui possibili candidati a sindaco di Roma. Carlo Calenda era un nome che circolava e aveva anche i suoi sostenitori nel Partito democratico, pure illustri. Ma ora il vento sta cambiando: “Ogni giorno – dicono dal Nazareno – attacca il Pd, il governo Conte, i sindacati. Si candida contro i nostri nelle regionali. E poi vorrebbe fare il sindaco di una coalizione di centrosinistra? Sta sbagliando tutto”. Ma veramente il Partito democratico non appoggerebbe un’eventuale candidatura dell’ex ministro dello Sviluppo, che ieri ha elogiato pubblicamente il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli, del M5s, postando un’immagine insieme al Mise? In realtà al Pd, dove pure non escludono di candidare Calenda contro Virginia Raggi, si tenta di ridurre a più miti consigli l’ex ministro.

 

L’ultimo tam tam dei palazzi della politica racconta di un Giuseppe Conte preoccupato perché Matteo Renzi e Dario Franceschini starebbero brigando per far lasciare al cosiddetto avvocato del cosiddetto popolo la poltrona di Palazzo Chigi. In realtà a entrambi, cioè sia Franceschini sia a Renzi, conviene in questo momento tenere in vita l’attuale premier. Il primo, si sa, mira alla presidenza della repubblica, perciò un passaggio a Palazzo Chigi, dopo aver fatto fuori Conte, sarebbe per lui esiziale. Per quanto riguarda Renzi, il leader di Iv ritiene che un premier così debole non gli farà mai ombra davvero, nel presidiare uno spazio al centro, timore che pure in un certo periodo l’ex presidente del Consiglio aveva nutrito. Ora Renzi si è reso conto che le cose non stanno così. E non lo nasconde ai suoi quando dice che “Conte aggrega poco o nulla e soprattutto non ruba voti a noi”. Il fatto curioso è che questa voce che vorrebbe Dario Franceschini e Matteo Renzi in combutta per far fuori Giuseppe Conte venga dal Partito democratico. “E’ solo un modo – è il commento degli uomini vicini al ministro della Cultura – per rompere l’egemonia di Dario nel governo” e, di conseguenza, nel partito.

  

L’ultima nomina decisa dall’amministratore delegato della Rai Fabrizio Salini per Prix Italia – un concorso internazionale, organizzato dalla Rai, per programmi di qualità, radio, tv e Internet, affidato alla giornalista Annalisa Bruchi – ha forse sancito la fine del rapporto già problematico fra Pd e il capo della Rai: “Privilegia sempre personaggi che hanno simpatie a destra o per i 5Stelle. Non sa cosa significhi il pluralismo”, commentano dal Pd. E sono in molti, che visto i cattivi conti di Viale Mazzini, sperano in una sua sostituzione da parte del Mef.

 

Nel Pd lombardo chi crede veramente che entro l’anno si farà un congresso vero e proprio, con tanto di elezione del nuovo segretario, punta tutte le sue carte su Lia Quartapelle, come possibile rivale di Nicola Zingaretti. “E’ giovane, di sinistra e donna, che cosa vogliamo di più?”. Lei finora però si tiene in disparte, ma chi la conosce bene sa che non farà mai strappi, anche se la candidatura la tenta. E tanto.