L'umiliazione della politica che regala una passerella alla farsa Rousseau

Salvatore Merlo

Spot a reti unificate, deliri grillini, omissioni imbarazzate del Pd. I sì al governo vincono con il 79 per cento

Roma. “Trentamila voti”, “cinquantaquattromila voti”, “oltre settantamila voti” e – rullio di tamburelli – “record mondiale”. Boom! Alla fine la trattativa rossogialla potrebbe passare alla storia come la più riuscita operazione di pubblicità della democrazia diretta e di propaganda politica elettorale per il M5s che ricresce nei sondaggi, mentre l’Italia, paese industrializzato e membro del G7, per diverse ore rimane appesa a un sondaggio online cui tutti assistono come a una puntata dei pacchi televisivi di Rai1. 

 

Per ore la televisione e i siti dei maggiori quotidiani italiani hanno intervistato oscuri tecnici della piattaforma Rousseau, il sito internet da cui dalle 9 del mattino alle 18 della sera è dipesa – nientemeno – la formazione del governo. Così, di fronte ai riflettori delle telecamere, è sfilata gente come Enrica Sabatini, molto carina anche se non si capisce bene che cosa faccia esattamente di mestiere, capace di dire cose del tipo: “Oggi gli iscritti a Rousseau sono 115 mila perché bisogna fare una rivoluzione culturale”. Boh. Intanto la Borsa valori di Milano – sosteneva l’Adnkronos alle 18.21 – rimaneva pure lei con il fiato sospeso “in attesa che dalla piattaforma Rousseau arrivi il via libera al governo”. E insomma, in un clima abbastanza surreale, sospeso tra commedia e satira di costume, quasi un film di Sidney Lumet, mentre il livello delle sparate da tutti snocciolate (e gestite dalle televisioni in fregola come per una finale dei Mondiali) si avvicinava a quote himalayane, ecco che solo il silenzio del Pd, a tratti, e con alcune clamorose e spericolate eccezioni, faceva ritenere che forse (ma soltanto forse) nel mondo politico ci sia ancora qualcuno che avverte il senso del ridicolo. Ma non bisogna peccare di ottimismo.

 

Appostati davanti alla sede della Casaleggio Associati, a Milano, in via Gerolamo Morone, ecco che per tutto il giorno i poveri cronisti interrogano sul portone Davide Casaleggio davanti a un cartello pubblicitario rosso su cui è scritto enorme: “ROUSSEAU”. E lo fanno come probabilmente un tempo si potevano chiedere numi alla Pizia (ma quella del racconto di Dürrenmatt , ovvero l’oracolo che “sapeva benissimo che tutto era inventato di sana pianta, a cominciare da lei, la Pizia, che veniva spacciata per la sacerdotessa di Apollo pur essendo soltanto un’imbrogliona che improvvisa gli oracoli a casaccio secondo l’umore del momento”). E infatti a un certo punto Davide/Pizia dice in diretta televisiva, praticamente a reti unificate, tipo presidente della Repubblica (ma più ieratico), che “abbiamo fatto il record mondiale di collegamenti”, qualunque cosa questo voglia dire, mentre poco dopo, a Roma, tra rallentamenti e denunce di brogli, ecco che Luigi Di Maio si presenta in ritardo a un’affollatissima conferenza stampa – ma non prima che Enrico Mentana dia notizia della fine del turno del portiere dello stabile di Casaleggio. Il cortocircuito è da vertigine. Tutti sparano numeri e suonano fanfare – “si è dimostrato che i cittadini possono partecipare attivamente al futuro della propria comunità” (mizzica!) – e intanto si capisce sempre più che questo voto forse non serviva affatto a decidere le sorti del governo, ma soltanto a propagandare Casaleggio e rilanciare i grillini che prima della mossa del Pd sembravano morti (a proposito: il sì al governo è passato con il 79 per cento).

 

In breve su La7, su Sky, su Rete 4 e Rai3, la foga di enumerazioni e parole ha il potere di trasportare chi ascolta in una dimensione da televendita (“guardate questo nuovo copriletto salmone, bellissimo, tessuto cangiante”), e il susseguirsi degli interventi in diretta e in differita dei grillini gongolanti e redivivi (sondaggio Swg fresco fresco: il M5s è risalito dal 17 al 21 per cento), è un discount delle meraviglie. “I numeri sono record”, esulta quindi Di Maio. E poi travolto dall’iperbole: “Tutto il mondo ha aspettato la pronuncia di questi cittadini”. E ancora, incapace di trattenersi: “La nostra piattaforma è un unicum al mondo”.

 

Capaci di negare la competenza a un ingegnere o a un medico, i Cinque stelle sentono però il genio dell’uomo solleticargli i polpastrelli quando scoprono i clic di Rousseau, che in realtà è un colabrodo certificato dal Garante per la privacy, uno strumento potenzialmente manipolabile da Casaleggio in persona e da qualsiasi hacker di media capacità. Così, alla fine, l’Italia ha celebrato la comica aggressione al talento e all’eccellenza tecnologica, con uno spot senza prezzo per i grillini e per Casaleggio, lui che del genio alla Steve Jobs è la satira umiliante proprio come Di Maio con le sue cravatte domenicali è invece la macchietta di un uomo di stato. Fino a sera, infatti, i più saggi (o i più furbi) non si sono fatti vedere né sentire. Matteo Renzi ha detto solo che “non ho mai cambiato idea su Rousseau”. Nicola Zingaretti si è eclissato per ventiquattr’ore filate. Il presidente Mattarella si è ovviamente guardato bene dal pronunciare le due sillabe che compongo il nome del filosofo che teorizzando la libertà aprì la strada alla tirannide, e alla fine solo il capogruppo del Pd, Andrea Marcucci, ha spinto la propria acrobatica dissipazione al punto di dire che “ciascuno ha le sue procedure”. Anche Giucas Casella aveva le sue procedure. Persino Alvaro Vitali, che nei film di Pierino comunicava a pernacchie e fetecchie. Eppure mai nessuno aveva pensato di prenderli sul serio.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.