Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Ma che sorpresa, Rousseau ha detto sì

Via libera degli iscritti del M5s al governo con il Pd guidato da Conte: favorevole il 79,3 per cento. Ora il premier deve occuparsi della squadra di governo. Andrea Orlando rinuncia a fare il ministro 

Sorpresa, sorpresa. Come ampiamente previsto il popolo di Rousseau ha detto sì alla nascita di un governo Pd-M5s guidato dal premier Giuseppe Conte. Non c'era certo bisogno di aspettare il responso della rete viste le parole con cui, ore prima della chiusura della consultazione, Luigi Di Maio aveva celebrato il “record mondiale” annunciato da Davide Casaleggio. 

  

I risultati del voto su Rousseau

“Abbiamo già vinto – aveva commentato il leader del MoVimento pur non sbilanciandosi apertamente a favore del sì o del no – perché tutta Italia e anche il resto del mondo sa che questo governo si formerà grazie al voto di italiani che, iscritti ad una forza politica, possono decidere senza delegare”. Ora arriva anche il conforto della matematica: 63.146 voti per il Sì (79,3 per cento), 16.488 per il No (20,7 per cento). E nonostante nel corso della giornata si siano alternate notizie più o meno verificate di problemi nel riuscire a esprimere la propria preferenza per il No (più un hackeraggio del Blog delle Stelle), la relazione del notaio Valerio Tacchini certifica che tutto si è svolto regolarmente. Certo, fa un po' sorridere leggere, frasi tipo “ho assistito personalmente a tutte le procedure di votazione”, “Davide Casaleggio mi ha consentito l'accesso alla visualizzazione dei sistemi di monitoraggio”. Alla fine, come aveva notato qualche giorno fa proprio Tacchini, tutto si è svolto come dentro una puntata di X Factor, come se un'enorme giuria popolare di Sanremo fosse stata chiamata a esprimere la propria preferenza. Con le polemiche che, in questo caso, sono state decisamente meno. 

 

Programma e poltrone

Così governo sarà. E ora la discussione si sposta su programma e poltrone. Il primo, per ora, è sintetizzato nella lista di 26 punti che il M5s ha messo online (facendo indispettire sia il Quirinale che il Pd) proprio mentre iniziavano le operazioni su Rousseau. Sul secondo, l'impressione è che la partita sia tutt'altro che chiusa. Dalla corsa per il ministero si è tirato fuori, nel pomeriggio, Andrea Orlando che ha annunciato di voler restare al Nazareno per continuare a occuparsi de partito (con tutta probabilità sarà lui il nuovo capogruppo del Pd alla Camera se Graziano Delrio, come sembra, entrerà nell'esecutivo). Ora resta da capire che ruolo toccherà a Luigi Di Maio (difficilmente avrà la Difesa, più probabile che vada agli Esteri) e chi guiderà due ministeri che quasi sicuramente segneranno la vera discontinuità fra il governo gialloverde e quello rosso-giallo: Viminale ed Economia. Per il primo, scrive l'Huffington Post, il Quirinale preferirebbe un “tecnico”, mentre per il secondo una cosa è certa: all'Interno non andrà un leader di partito. Dopotutto, come aveva scritto Salvatore Merlo sul Foglio lo scorso maggio intervistando i due ex ministri Virginio Rognoni e Beppe Pisanu, la Dc aveva una regola chiara: “Mai un capo politico al Viminale”. L'anomalia Salvini è pronta per essere archiviata.

 

  

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