foto LaPresse

Di Maio nella Rete

Valerio Valentini

Così il voto sulla piattaforma Rousseau può rivoltarsi contro Giggino, che cede sul vicepremierato e finisce vittima della sua minaccia

Roma. Con l’aria sorniona di chi sa di avere fatto la mossa decisiva, Dario Franceschini attraversa di buon mattino un Transatlantico vuoto e silenzioso: “Ci vuole mestiere, nel trattare, e ora bisogna attendere”. Attendere almeno fino alle sette di sera, quando Luigi Di Maio, raccogliendo l’ancora gettatagli proprio dall’ex ministro del Pd nel mare magno di una contrattazione nel quale il capo grillino rischiava di annegare, annuncia il suo piccolo gran rifiuto: “Abbiamo saputo che il Pd ha fatto un passo indietro rinunciando al suo vicepremier, quindi il problema non esiste più”. E subito il garbuglio sembra sbrogliarsi, finalmente: “Tra 48 ore ci sarà un nuovo governo”, azzardano nello stato maggiore del M5s, quasi sforzandosi di non considerare neppure l’ipotesi nefasta, che rimetterebbe tutto in discussione. L’ipotesi cui invece, Antonio Misiani, il responsabile economico del Pd, allude al termine della cabina di regia convocata da Nicola Zingaretti al Nazareno. “L’accordo c’è, salvo Rousseau”.

 

È questo, infatti, lo spauracchio che incombe sul nuovo esecutivo: il responso degli iscritti alla piattaforma casaleggesca chiamati a benedire o a uccidere in fasce l’alleanza giallorossa. Un’incognita che sta lì, come un ingombro, in tutti i discorsi tra i grillini d’ogni ordine e grado, e che però Di Maio riesce ad aggirare nella riunione convocata in mattinata a Palazzo Chigi con tutti i ministri e i sottosegretari uscenti. “Ci ha chiamato per ringraziarci del lavoro svolto in questi 14 mesi di governo, e nulla più”, commenta Alessio Villarosa all’uscita. Esibendo, nei riguardi del voto online, una indifferenza così studiata che sembra quasi credibile. Se non fosse che però, pochi metri più in là, alla buvette della Camera, i suoi colleghi Carlo Sibilia e Gianluca Vacca si scambiano le loro impressioni. Stefano Patuanelli ha appena paragonato il responso di Rousseau a una qualunque deliberazione della direzione del Pd. “Be’, in effetti non è proprio uguale”, riconoscono i due membri del governo uscente. “Io però confido nell’intelligenza dei nostri attivisti, bocciare l’accordo sarebbe disastroso”, dice Sibilia. “E però sulla qualità del dibattito nelle nostre piattaforme dobbiamo interrogarci”, replica Vacca, ricordando certe proposte di legge non proprio geniali prevenute nei mesi scorsi “dalla base”. Ma la ratio di una operazione così spericolata – consultare la base a giochi già fatti, alla vigilia di un possibile giuramento di Conte al Quirinale – s’intravede neanche troppo in filigrana, nel ragionamento di Sibilia: “E’ chiaro che è un modo per spingere il Pd a concederci qualcosa in più di quel che vorrebbe”. Anche per questo il capo grillino se la prende con Beppe Grillo: “Non capisce che se la diamo per scontata, questa intesa, perdiamo potere negoziale col Nazareno”. E infatti i parlamentari che consultano il cerchio magico di Casaleggio, con un piede in Via Morone e l’altro a Palazzo Chigi, si sentono rispondere che la scelta di un quesito così esplicito su Rousseau, una domanda che sembra pensata proprio per essere bocciata, non è casuale: “Beppe sta facendo lo str..., e allora Davide reagisce”.

 

Ma è evidente a tutti che è una minaccia spuntata, quella del voto online. Perché in fondo, a finire nella Rete, è proprio Di Maio. Il quale alza il prezzo, si fa minaccioso. E però al dunque, quando sale la pressione, viene convinto dai suoi fedelissimi a non esagerare: “Se l’accordo non passa e si torna nel caos, i gruppi parlamentari non ce lo perdoneranno”. E in effetti a ora di pranzo s’innesca la moral suasion, via social, dei colonnelli grillini: perfino di quelli che, come Manlio Di Stefano, si sono sempre mostrati scettici sull’intesa col Pd. E quel che non fanno sulle loro bacheche Facebook, deputati e senatori lo fanno privatamente, con messaggi inviati agli attivisti delle varie regioni. Pure Conte, bruciando sul tempo Di Maio, si prende la scena e fa, su Facebook, il suo appello agli attivisti grillini: “Domani voterete su Rousseau. Non lasciate le idee e i sogni dentro al cassetto, è una opportunità per il Paese che vogliamo”. “D’altronde per lui sarebbe una figuraccia, se vincesse il No”, diceva in mattinata Sibilia riferendosi al premier. “Anche nei confronti di Mattarella”. E non a caso è proprio Giorgio Trizzino, deputato palermitano che col Capo dello stato vanta antica confidenza, che nell’annunciare il suo “Sì convinto all’accordo col Pd”, aggiunge: “Dovremo interrogarci su come modificare Rousseau, mantenendolo come strumento consultivo ma inserendolo meglio nella grammatica istituzionale”. D’altronde, già nell’assemblea dei parlamentari del 27 agosto scorso, il questore Federico D’Incà aveva sollevato i suoi dubbi: “Io mi fido molto degli attivisti storici, ma ho assai meno certezze su chi si è iscritto a Rousseau nell’ultimo anno e mezzo”. Ne erano seguiti applausi, e un malumore generale rispetto al coinvolgimento non concordato della piattaforma digitale. Al punto che, nelle chat senatoriali, l’implacabile Paola Taverna, col piglio sempre moderato che la contraddistingue, aveva minacciato di rivelare agli attivisti i nomi di quei parlamentari che continuavano a criticare il totem della democrazia diretta per interposto Casaleggio. Alla fine, anche lei ha fatto il suo invito al voto. “Sto con Beppe Grillo, sto col M5s, sto con Giuseppe Conte”. Insomma, anche lei sta col Pd.

Di più su questi argomenti: