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L'incomprensibile Patuanelli, da potenziale golpista a meritato ministro

Carmelo Caruso

Tra i più fedeli uomini di Di Maio, di cui oggi difende il ruolo e forse ne garantisce la sopravvivenza

Roma. Era pronto a sostituire Danilo Toninelli, (“Proviamo finalmente con uno bravo”), ma al Senato nessuno del M5s poteva prendere il suo posto (“E’ il solo insostituibile”). E dunque, Stefano Patuanelli è rimasto capogruppo, ma domani potrebbe essere ministro perché “adesso è nella condizione di decidere solo quale assumere”. Se il M5s rimane al governo è un po’ merito di Patuanelli, (“Le trattative stanno andando benissimo. Il clima è costruttivo”) e se la storia, che si sa è imponderabile, un giorno dovesse ulteriormente capovolgersi è quasi certo che Patuanelli potrebbe riprendere i contatti con la Lega che non ha mai smesso di stimarlo e contattarlo (“Se soltanto avessimo avuto lui al posto di Toninelli...”). A conferma che solo le crisi svelano i caratteri e promuovono leader, uno è sicuramente questo ingegnere edile, triestino, quarantacinque anni, padre di tre figli, che per conto del M5s sta conducendo la trattativa con il Pd e che rischia di rivelarsi più decisivo di Luigi Di Maio.

 

Al momento è il solo a godere della stima di Davide Casaleggio che, si racconta, in questi giorni si è lasciato scappare: “E’ bello parlare, a volte, con uno competente”. Ieri mattina, quando i cronisti provavano a confondere il suo epigono alla Camera, Francesco D’Uva, a farsi avanti è stato proprio Patuanelli che si è offerto di illustrare i prossimi passi perché “se Francesco permette, su questo argomento rispondo io”. La domanda era sulla piattaforma Rousseau che, nelle intenzioni del M5s, dovrebbe ratificare quanto che Sergio Mattarella potrebbe stabilire: “E’ nostra intenzione coinvolgere gli iscritti al Movimento attraverso la nostra piattaforma. Il percorso del voto su Rousseau è stato condiviso con Giuseppe Conte e abbiamo deciso di farlo dopo l’incarico”. Grillino di seconda generazione, per Patuanelli questa è in pratica la sua prima legislatura da senatore dopo essersi fatto conoscere come consigliere comunale di Trieste dove è stato fondatore del Meet Up di confine. Sarà per via della geografia, dello spaesamento che sempre si prova alla frontiera, ma se c’è una qualità che finora gli ha permesso di ricoprire prima la carica di capogruppo al senato e poi quella di negoziatore, è proprio la sua doppia identità, quella che lo ha fatto essere il senatore “ma-ma” e l’attivista “o-o”.

 

Quando infuriava la polemica sulla Tav, da uomo esperto in scienze delle costruzioni, Patuanelli si è costruito un ponte di doppiezza ed è rimasto in equilibrio nonostante il vuoto di indirizzo. Un po’ grillino, ma a volte anche un po’ leghista; un po’ No Tav e un po’ Si Tav; un po’ al Senato, ma un po’ alla Camera dove in realtà non ha un ruolo, ma dove tuttavia si muove da capogruppo supplente. Come l’acrobata che cammina sul filo, Patuanelli è in passato andato a Otto e Mezzo per ripetere che la “Tav è un’opera inutile”, ma sul blog del M5s ha registrato un video per spiegare che “ha ragione Edoardo Rixi quando dice che la valutazione che va fatta è di natura politica”. Allora, la Tav va fatta? “Bisogna decidere se fare un treno merci figlio di analisi superate o più treni pendolari”. Quindi è contro la Tav? “Io spero che prevalga il buonsenso”.

 

Nelle ore in cui Salvini congedava Conte e cominciava a capire di avere perso tutto, Patuanelli, che era ancora per ricucire, zittiva il vicepremier che “non fa altro che insultarci parlando di fantomatici accordi con il Pd”, ma in segreto coltivava la speranza di riprovarci perché “la politica è dialettica”. La verità è che la forza di Patuanelli, e la ragione della sua nuova egemonia, si riduce all’antico adagio “non dire nulla, ma dirlo superbamente” che nel M5s è la vera e sola novità. Per questa sua competenza ha iniziato, già prima della crisi, a imperversare sullo schermo, e poi sui giornali sempre offerto ai conduttori televisivi e ai giornalisti con la rassicurazione: “Vedrai che dirà cose di buon senso anche se incomprensibili”. Tra i più fedeli uomini di Di Maio, di cui oggi difende il ruolo e forse ne garantisce la sopravvivenza (“Ribadisco che i veti non sono mai positivi”), Patuanelli è un uomo di ordine e nella sua precedente vita ha ricoperto la carica di consigliere dell’Ordine degli Ingegneri di Trieste fino alla qualifica di Organizer (anche qui l’inglese serve un po’ per fare curriculum e un po’ per confondere) di Beppe Grillo. Come Giulia Grillo, che venne promossa ministro della Sanità in quanto medico personale durante la traversata epica compiuta da Grillo nello Stretto di Messina, Patuanelli si trovava nel suo camper quando, nel 2013, Giorgio Napolitano incaricò Enrico Letta. Protagonista per caso, Patuanelli ha raccontato l’emozione di quel momento fatale che avrebbe potuto cambiare l’Italia e che alla fine ha mutato solo la sua carriera (“C’era un clima da sommossa popolare e quindi sul camper di Beppe, da Udine, puntiamo precipitosamente su Roma. C’era rabbia, clima febbricitante”). Grazie alle rivelazioni di Patuanelli, che era nella carrozza, oggi sappiamo infatti che la Digos (“Consigliò a Beppe di desistere”) è la responsabile della mancata marcia su Roma e dunque colpevole (per fortuna) della retromarcia. Ma basta questo a fare di un anonimo ingegnere un capotavola?

 

A favore di Patuanelli va segnalata la formidabile capacità di tenere insieme (e finora ci è riuscito) lealtà allo statuto e sprazzi di libero arbitrio. Lo scorso gennaio, ad esempio, ha confermato le sanzioni da centomila euro per tutti gli espulsi dal Movimento, ma nello stesso tempo ha anche detto di apprezzare le idee di Paola Nugnes ed Elena Fattori, una espulsa e l’altra esiliata. E però, straordinario modello di trapezismo rimane il suo commento in seguito alla sconfitta del M5s alle elezioni europee. Seguendo la lezione di Kennedy, quello “di non chiederti cosa il tuo paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese”, su Facebook, Patuanelli ha invitato gli attivisti (riguardate il video) a sedersi sul lettino per psicanalizzarsi: “Cosa ho fatto io in questo anno? Cosa hai fatto tu? Siamo stati abbastanza compatti, coerenti, coesi? Siamo stati veri attivisti?”. Sono passati pochi mesi e oggi Patuanelli negozia da protagonista, ritocca la squadra, sale al Colle, esce dal Colle, telefona a Nicola Zingaretti, riceve sms da Salvini (“Che ne dici di riprovarci?”). Il problema è che prima veniva spacciato come saggio, anche quando i suoi pensieri somigliavano a quelli del filosofo Catalano (“E’ meglio lavorare poco che lavorare molto”), mentre oggi saggio lo è diventato davvero. E’ questa la vera educazione di un capo: da potenziale golpista a meritato ministro.