Il ministro dell'Interno Matteo Salvini a Castel Volturno in occasione del Comitato nazionale Ordine e Sicurezza (foto LaPresse)

Il capitano nel pantano

Valerio Valentini

Salvini va a Canossa, Di Maio lo snobba. L’ira dei colonnelli lumbàrd: “Matteo, ora un governo Giorgetti o Casellati”

Roma. Quanto sia menzognera la retorica sprezzante sdoganata dai leghisti qualche giorno fa, quella per cui “se non ci fanno votare tanto meglio, così passeremo tre anni a denunciare l’inciucio”, lo dimostrano le parole di Toni Da Re, europarlamentare e lungo segretario della Liga veneta. “Un governo Pd-M5s? Sarebbe una tragedia per la nostra gente: si passerebbe da un’autonomia a rilento a un’autonomia del tutto bloccata”. Matteo Salvini lo sa bene, del resto, che quel popolo del nord le cui crescenti insofferenze alle bizze grilline hanno avuto un certo peso nel convincere il capo del Carroccio alla rottura, non gli perdonerebbe una simile disfatta. Perché hai voglia a gridare all’ammucchiata tra Renzi e Di Maio, quando devi spiegare alla tua base il motivo per cui hai perso il treno verso Palazzo Chigi. Si spiega così l’imbarazzante tentativo dell’impavido Capitano di imboccare la di Canossa, facendo finta che dieci giorni di crisi siano stati uno scherzo. “Una roba da pirla”, si sfoga un colonnello lumbàrd. “Matteo vuole accettare adesso, con la coda tra le gambe, quel rimpasto che due settimane fa ha sdegnato: e lo farebbe a parti invertite, ottenendo molto meno e concedendo molto di più”. Compresa, addirittura, l’apoteosi di Luigi Di Maio, l’“amico e collega” cui Salvini ora arriverebbe perfino a offrire la premiership pur di ottenere una riabilitazione del governo gialloverde. La proposta, nell’ottica del leader della Lega, è di quelle che indurrebbe in tentazione il capo grillino, il quale sa bene che se si aprisse davvero la trattativa col Pd lui finirebbe probabilmente impallinato nel regolamento dei conti interno al M5s.

 

“Matteo e Luigi? Simul stabunt simul cadent”, sospirava ieri un ministro della Lega a chi gli chiedeva il senso dell’operazione. E forse Di Maio ci ha pure riflettuto, sulla proposta indecente, ma gli è bastato un rapido consulto via cellulare coi suoi consiglieri – dalla spiaggia di Palinuro dov’era andato a raccattare anche lui la sua razione di selfie in costume – per capire che era meglio desistere da ogni proposito di gloria personale. “Dovranno passare sul mio cadavere”, diceva uno dei suoi più fidati sottosegretari. “Riaprire la porta alla Lega? No, semmai la spranghiamo”, rincara la dose il tesoriere della Camera Sergio Battelli. Perfino Manlio Di Stefano, cui qualcuno nel M5s ha imputato nei giorni scorsi la voglia di intavolare una nuova trattativa coi leghisti, pretendendo però le immediate dimissioni di Salvini, ieri constatava che “non è quella la strada che stiamo prendendo”. Il che, ovviamente, scombina i piani del ministro dell’Interno, che restano tutt’ora imperscrutabili agli occhi dei suoi parlamentari. Chi ha interrogato, al riguardo, Roberto Calderoli, s’è sentito rispondere che “Matteo farà qualsiasi cosa pur di non far governare il Pd”, compreso forse il ritirare la sfiducia a Giuseppe Conte. Perderebbe la faccia, certo, ma al contempo metterebbe “Sergio Mattarella in grandissima difficoltà”, riflettono nello stato maggiore del Carroccio. Perché se al 20 agosto si arrivasse anche solo con la vaga prospettiva di rimettere in piedi la maggioranza gialloverde, per il capo dello stato sarebbe più difficile benedire un nuovo esecutivo.

 

E non a caso proprio all’appuntamento delle consultazioni ha rimandato ieri Nicola Zingaretti, dicendo che quello sarà il momento dove “si potranno verificare se esistono le condizioni numeriche e politiche di un governo diverso con una larga base parlamentare”. E in fondo è a quel passaggio che guarda anche Giancarlo Giorgetti, lo stratega della Lega che ai suoi interlocutori abituali ha spiegato che no, andare a votare a ottobre ormai non si può, e dunque bisogna prepararsi a un piano alternativo. Che però, nella sua mente, non prende affatto le sembianze di un rimpasto pasticciato, ma semmai – questo intuisce chi lo conosce bene – di un governo istituzionale proposto proprio dalla Lega, che si dedicherebbe a una legge di Bilancio di contenimento e che, soprattutto, garantirebbe a Salvini di poter gestire il timing della crisi quando arriverà la primavera prossima. L’idea inizia a circolare tra i dirigenti della Lega, che tra loro avanzano anche i nomi di chi potrebbe guidare un simile esecutivo: c’è chi sussurra quello della presidente del Senato Elisabetta Casellati, chi invece propone proprio per quello di Giorgetti. Certo, per il Capitano del popolo significherebbe tradire la promessa di ripudiare qualsiasi gioco di Palazzo. Ma fuori da quello c’è solo la piazza e la spiaggia del Papeete in veste di semplice leader dell’opposizione. E anche quella, a qualcuno, apparirebbe forse “una cosa da pirla”.

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