Virginio Merola. Foto LaPresse

“Resistere non basta”. Parla il sindaco di Bologna

David Allegranti

Merola (Pd) ne ha per tutti: da Zingaretti alla vetero-Repubblica

Roma. Ferrara, Forlì. La Lega in Emilia Romagna vince in posti che fino a qualche anno fa non poteva neanche lontanamente pensare di conquistare. E tra qualche mese ci sono le elezioni regionali. Virginio Merola, sindaco di Bologna, dice al Foglio che queste dinamiche non si verificano per caso: “Il caso Ferrara assomiglia al caso Imola per una certa protervia di chi ha governato. A Imola c’era la consolidata abitudine di far commissariare la città per candidarsi in Parlamento, mentre a Ferrara ci sono state divisioni interne alla giunta; un assessore uscente ha fatto la sua lista invece di convergere sul candidato del centrosinistra fin dal primo turno. In queste realtà locali c’è una abitudine troppo consolidata al potere, così viene sottovalutato il messaggio della gente, che poi alle urne dice: ‘Ci avete stufato’”. Merola cita il caso di Livorno, che è appena tornata al centrosinistra dopo un lustro in mano ai Cinque stelle, secondo lui simile a quello di Bologna del 1999, quando al secondo turno vinse Giorgio Guazzaloca, candidato di centrodestra. “Anche a Bologna le persone dissero, votando: ‘Basta con le vostre beghe interne’. Poi ce la siamo ripresa. Come Livorno”. Il lavoro delle amministrazioni locali, dice Merola, è prezioso per il Pd anche a livello nazionale perché “abbiamo visto di recente che dove abbiamo governato bene i risultati delle europee coincidono con quelli delle amministrative. Nella città metropolitana di Bologna in alcuni comuni sono i sindaci ad aver fatto la differenza”. A questo giro, è convinto il sindaco, “la fase della resistenza leghista l’abbiamo affrontata abbastanza bene. Ora dobbiamo aprire una fase nuova. Anche in Emilia Romagna la linea di difesa è stata buona, adesso si tratta di giocare in attacco senza dare nulla per scontato. Dobbiamo allargare il centrosinistra al civismo regionale, che qui in Emilia Romagna ha molte anime, per costruire la riconferma di Stefano Bonaccini”.

   

“Vedo che per qualcuno è tutto scontato e penso che questo atteggiamento sia un problema”, aggiunge il sindaco di Bologna. Per Merola il centrosinistra ha alcune occasioni da cogliere. Anzitutto a novembre ci sarà una iniziativa nazionale del Pd proprio a Bologna per indicare l’alternativa per l’Italia. La Via Emilia potrebbe essere la strada giusta per il centrosinistra, dice Merola: “Il buon governo e la buona amministrazione certamente sono un’alternativa, ricordo che l’Emilia Romagna in Europa offre prestazioni migliori rispetto all’Italia. Quindi direi che Bologna e l’Emilia, considerate sempre un’eccezione nel paese, possono essere esportate nel resto del paese e diventare la regola”. Bologna è insomma un modello per il centrosinistra? “E’ una parola che mi fa paura, quello che posso dire è che Bologna è socialista, democratica e adesso anche molto concentrata sull’ambientalismo. Sento parlare dei moderati da conquistare, ma a Bologna li rappresentiamo già noi. Alle europee siamo andati oltre il 40 per cento in tutti i quartieri popolari della città, invertendo una tendenza e recuperando un rapporto con certe zone. Quindi non abbiamo tempo per capire se convenga fare un partito di centro oppure no, perché il centro lo rappresentiamo già; il problema sono gli astenuti che aumentano. Con loro chi ci parla?”. Dunque, osserva Merola, per “far nascere un’alternativa per l’Italia dobbiamo creare un’alleanza con tutte le forze di centrosinistra, allargandoci all’associazionismo intermedio. E’ uno schema democratico da contrapporre alle destre”. Ma quindi la “cosa” di Carlo Calenda va bene oppure no? “Va benissimo, dobbiamo procedere con questa collaborazione. Ma non perdiamo tempo a chiederci se ci serve un un partito di centro. Io lo vedo dalle mie parti. I moderati, dove ci sono, hanno votato per noi. L’importante è superare la logica della sinistra-sinistra. Quello che serve è il centrosinistra. Per questo sono d’accordo con Calenda quando dice che dobbiamo fare un accordo con Macron e con i Verdi. E’ quello il futuro da costruire”. Società civile compresa, aggiunge Merola: “Nelle realtà dove si governa bene c’è un solido rapporto con la società intermedia; non solo sindacati o le associazioni economiche, ma anche quelle di volontariato. Esiste un mondo plurale e la politica ha bisogno di recuperare un rapporto con la propria base. Non ci sono solo le élite della politica”. Per farlo, però, dice Merola, serve un Pd diverso da quello che si è visto finora. “A livello nazionale va allargato e in molte zone non esiste più. Oppure, se esiste è affidato a notabili”. Sono le amministrazioni, insiste Merola, il biglietto da visita del centrosinistra. “Questo Pd è invece troppo romanocentrico. Ed è un problema perché ha bisogno di uscire dal notabilato e dai gruppi di potere. D’altronde, siamo democratici come dice il nostro nome, non c’è un uomo solo al comando”. Men che meno, insomma, ci devono essere gli oligarchi. Senta Merola, ma Bonaccini non sta traccheggiando troppo nella ricandidatura per le regionali? “Secondo me sì, gli ho già detto per tre volte di candidarsi e partire all’attacco. Ci sono dei rituali che sembrano rispettosi degli altri ma qui il primo da rispettare è l’elettorato. Se fossi in lui non aspetterei che a chiedermelo fosse il Pd. Forse voleva attendere l’esito dei ballottaggi. Io gli ho consigliato di sciogliere gli ormeggi e andare all’attacco. Da sindaco non ho mai atteso che il Pd me lo chiedesse. A suo tempo dissi al mio partito: se volete fare le primarie, ci sono; se non le volete fare ci sono lo stesso. Quello di Bonaccini è probabilmente un riflesso condizionato, ha visto il Pd troppo diviso in passato e vuole sostenerlo anche da questo punto di vista”. Ma la questione tempo non è secondaria per Merola. Anche a livello nazionale; è convinto che il centrosinistra debba farsi trovare pronto con un’alternativa a Lega e Cinque stelle. “Questa storia che si può governare in base a un contratto ma senza strategia comune è incredibile e penso che sia a breve termine. Salvini credo che non abbia nessuna intenzione di allearsi con Berlusconi e con la Meloni. Vuole fare da solo e diventare il capo assoluto. Ora, non bisogna criticare la Lega sull’antifascismo, perché il fascismo non tornerà ma c’è il rischio di un autoritarismo molto moderno. Salvini scimmiotta Trump e Putin o peggio Orbán. Vuole la maggioranza per esercitare la democratura. Non ha niente a che fare con la tradizione liberale di Berlusconi. Per questo noi dobbiamo essere pronti con una proposta alternativa a quella di Salvini che per ora s’è limitato a dire che è colpa degli altri”. Naturalmente, chiosa Merola, con la sola resistenza non si va da nessuna parte. Quella resistenza che nel fine settimana è stata celebrata dalla Repubblica delle Idee proprio a Bologna: “E’ stata la kermesse della resistenza. Per la carità, la tradizione va bene. Ma ora dobbiamo aprire una nuova fase e passare all’insistenza”.

Di più su questi argomenti:
  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.