Matteo Salvini e Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Sui migranti in Libia Salvini e Di Maio preferiscono gli slogan a una soluzione politica

Luca Gambardella

Il capo del Viminale annuncia di essere di nuovo indagato insieme a Conte, Di Maio e Toninelli per sequestro di persona sul caso Sea Watch. Poi risponde alle critiche dei grillini: "Mi rispettino"

"Dicano pure quello che vogliono, ma i porti restano chiusi e sui confini decido io". Il ministro dell'Interno Matteo Salvini risponde con i suoi consueti toni belligeranti alle critiche arrivate in poche ore dagli alleati grillini in tema di immigrazione. Sulla Libia si è aperto un nuovo confronto/scontro all’interno del governo gialloverde, con Salvini e Luigi Di Maio che lanciano messaggi opposti sulle contromisure da adottare per affrontare la crisi nel paese nordafricano, che comincia a essere preoccupante. Soprattutto per quanto riguarda l'immigrazione. Stamattina il ministro dell'Interno ha annunciato di essere nuovamente indagato, stavolta a Siracusa, per il sequestro di persona dei 47 migranti costretti a rimanere a bordo della nave dell'ong Sea Watch 3 dal 24 al 30 gennaio. Insieme a lui risultano indagati anche il premier Giuseppe Conte, l'altro vicepremier Luigi Di Maio e il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli. Salvini ha detto che il pm di Catania, Carmelo Zuccaro, ha già fatto richiesta di archiviazione e fonti giudiziarie sentite dall'agenzia di stampa AdnKronos riferiscono che il Tribunale dei ministri di Catania ha già avviato un'istruttoria. Ma da tempo è chiaro che, agli occhi del vicepremier soprattutto in vista del voto alle Europee, ormai qualsiasi procedimento nei suoi confronti somigli più a una medaglia al merito piuttosto che a un tentativo lecito di ristabilire lo stato di diritto.

  

    

Poi però ci sono i fatti e i numeri. Un rapporto dei servizi segreti italiani, pubblicato ieri dal Corriere, parla di 6mila profughi pronti a sbarcare nel nostro paese per fuggire dai combattimenti tra il governo di Tripoli retto da Fayez al Serraj, riconosciuto dalla comunità internazionale, e il leader della Cirenaica, Khalifa Haftar. Anche se l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ricorda che, se queste cifre fossero confermate, non si tratterebbe comunque di un’emergenza migratoria (nel 2017 l’Italia aveva retto a un’ondata di sbarchi ancora superiore), oggi Di Maio sul Corriere chiede al suo alleato di governo delle contromisure strutturali. “Chiudere un porto è una misura occasionale – spiega il vicepremier grillino – risultata efficace in alcuni casi quando abbiamo dovuto scuotere l’Ue, ma è pur sempre occasionale. Funziona ora, ma di fronte a un intensificarsi della crisi non basterebbe, quindi bisogna prepararsi in modo più strutturato, a livello europeo, nel rispetto del diritto internazionale. Occorre pianificare e prevenire, perché la sola reazione ha i suoi limiti”. Di Maio torna anche a criticare l’alleanza stretta tra la Lega di Salvini e i paesi di Visegrád che, con in testa il premier ungherese Viktor Orbán, sono contrari alla redistribuzione dei migranti nell’Ue. “Sarebbe utile, indipendentemente dagli sviluppi in Libia, se convincessero Orbán e i suoi alleati in Europa ad accettare le quote di migranti che arrivano in Italia, visto che il sud Italia è frontiera europea – dice – Sento tanto parlare di sovranisti, ma è troppo facile fare i sovranisti con le frontiere italiane. Così non va bene, qui ci vedo un po’ di incoerenza. Non ci si può lamentare dei migranti se poi si stringono accordi con le stesse forze politiche che ci voltano le spalle”.

 

 

  

La pressione esercitata su Salvini affinché non esageri nel fare la parte nel duro nella partita europea sui migranti passa anche per il ministero della Difesa. E così stamattina anche Elisabetta Trenta ha ribadito a Radio Capital che “gli sbarchi in Italia potrebbero aumentare a causa della situazione in Libia”. "Non è utile usare certe occasioni per fare politica, in questi casi bisogna lavorare tutti nella stessa direzione per arrivare alla soluzione migliore". Trenta aveva già messo in guardia l’alleato leghista all’inizio dell’anno, avvertendo che con l’avvicinarsi dell’estate le partenze sarebbe tornate ad aumentare. Ora però ad aggravare la situazione ci sono i combattimenti sul campo, che secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità hanno già provocato circa 150 morti e oltre 500 feriti, senza dimenticare il rischio concreto che lo Stato islamico approfitti dell’instabilità nel paese. “Se si dovesse arrivare alla guerra, non avremmo migranti ma rifugiati – dice Trenta – E i rifugiati devono essere accolti. Bisogna che qualcuno si concentri molto di più sulla sicurezza del paese".

 

Non è la prima volta che i ministri del M5s contestano la linea leghista dell’intransigenza in tema migranti. Ora però il tempo stringe e i numeri rendono l’emergenza ancora più concreta. Oltre al rapporto dei nostri servizi ci sono i dati delle Nazioni Unite. In Libia gli sfollati sono 15.700 e aumentano a ritmi elevatissimi ogni giorno (tra i mille e 2.000 in 24 ore, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari). Molti di questi tentano di spostarsi nei paesi limitrofi, in Tunisia soprattutto. Di questi, oltre mille migranti al momento sono detenuti nei centri di detenzione di Gharyan e Qasr bin Ghashir che sono molto vicini a dove si sta combattendo e che devono essere evacuati con urgenza

 

Ma per ora Salvini, nonostante i richiami degli alleati di governo, non sembra convinto ad abbandonare la linea della fermezza. "Non mi permetto di dargli lezioni su come risolvere le centinaia di crisi aziendali che sono ferme sul suo tavolo – ha risposto oggi il ministro dell'Interno in conferenza stampa – Chiedo altrettanto rispetto: di ordine pubblico, sicurezza, difesa dei confini mi occupo io. Ci metto la faccia e rischio personalmente. I porti con me restano chiusi, se il ministro Di Maio e Trenta la pensano diversamente me lo dicano in Cdm e faremo una sana e franca discussione". Ieri, il ministro dell’Interno ha annunciato una nuova direttiva, la terza emanata con lui alla guida del Viminale, che “ribadisce che le acque e i cieli italiani si varcano solo se ne hai il diritto, altrimenti in Italia non si entra”. Già il mese scorso , all’indomani del caso Mare Jonio, la nave umanitaria che aveva forzato un blocco per attraccare a Lampedusa con decine di migranti a bordo, Salvini aveva diffuso una direttiva molto contestata che violava apertamente le norme del diritto internazionale sui soccorsi in mare. Ora se ne annuncia un’altra, più dal sapore di campagna elettorale piuttosto che di vero strumento giuridico. E’ un messaggio del leghista diretto a Di Maio: la soluzione politica e organica sui migranti, per ora, deve attendere. A maggio si vota.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.