La guerra civile in Libia

I media si bevono i “mercenari francesi”, ma i soldi sono sauditi

Daniele Raineri

Le storie sui militari stranieri in Libia sono deboli. L’accordo con Bin Salman è un rischio vero per Tripoli

New York. Da due giorni sui media italiani si parla di “mercenari francesi che combattono per Haftar”, ma l’unica fonte citata è un tweet in inglese scritto sabato 13 aprile dal sito Libya Observer. Il tweet dice che un egiziano catturato al fronte avrebbe confessato di avere viaggiato da Benina, l’aeroporto di Bengasi che fa anche da base per le truppe di Haftar, fino a Jufra “con quattordici libici, sei consiglieri militari francesi e trenta egiziani”. Il sito è di Tripoli, è schierato con il governo di Tripoli e quindi è interessato a spargere informazioni contro Haftar, ma non ha ritenuto di trasformare quel tweet in un articolo. Ha anche un account su Twitter in arabo, ma non ha dato la notizia in arabo. Si vede che era destinata a essere consumata all’estero e infatti da noi è subito diventata un titolo a caratteri cubitali.

  

Il tweet nasce da una video-confessione in arabo che circola su Facebook. Il Foglio ha visto i due minuti e mezzo di interrogatorio del prigioniero, che non parla con il riconoscibilissimo accento egiziano forse perché vive da molti anni in Libia e dice di far parte del battaglione Tariq ibn Zayed dal 2014 – è un reparto salafita che combatte per Haftar. E’ stato catturato mentre cercava oro nelle case abbandonate a sud di Tripoli. Metà dei commenti al video lo accusano di essere un contafrottole.

  

Un combattente fedele al governo di Accordo Nazionale della Libiain un cratere causato da un attacco aereo
fuori dalla città di Azizia, a circa 60 chilometri a sud-ovest di Tripoli, il 14 aprile 2019


 

Si può escludere che la Francia appoggi anche con i suoi militari l’operazione di Haftar contro il governo di Tripoli sostenuto dalla comunità internazionale? Non si può escludere nulla. Nel febbraio 2016 Reuters rivelò che un contingente di forze speciali francesi aiutava le forze di Haftar a liberare Bengasi dalle fazioni islamiste, incluso lo Stato islamico. Nell’aeroporto militare di Benina nello stesso periodo c’erano anche forze speciali americane e un contingente di incursori italiani, ed entrambi perlopiù facevano da osservatori. Però oggi si prende un tweet che rilancia la confessione di uno sciacallo come una certezza. Lo stesso sabato 13 aprile un altro tweet del Libya Observer riferiva un’accusa grave da parte del portavoce di Haftar, il generale Al Mismari: “I piloti che ci bombardano sono italiani e americani”, sostiene il generale. Ma questa accusa non è stata raccolta subito come l’altra, forse perché suona meno titolabile. I “consiglieri” sono un oggetto misterioso che si presta meglio alle illazioni, ma quanti saranno mai in Italia i piloti militari che possono essere andati in Libia nell’ultima settimana per bombardare gli assalitori di Tripoli? Nota finale: i “sei francesi” che atterrano a Jufra a quasi settecento chilometri dal fronte di Tripoli diventano subito “consiglieri militari” e poi “mercenari che combattono”.

  

Sabato è arrivata un’altra notizia dal Wall Street Journal, che però cita fonti dirette: il governo saudita ha promesso “decine di milioni di dollari” al generale Haftar per finanziare la presa di Tripoli, durante un incontro con il principe erede al trono Mohammed bin Salman il 27 marzo, quindi una settimana prima dell’inizio dell’offensiva. Bin Salman è il saudita che quattro anni fa ha ordinato l’inizio della guerra in Yemen e la gestisce senza preoccupazioni umanitarie: se paga Haftar per la presa di una città che conta almeno un milione di civili è una cattiva notizia. Nella notte tra domenica e lunedì sono cominciati a cadere razzi tra le case – e sono armi molto imprecise e casuali, possono fare massacri. Ieri il premier Fayez al Serraj avvertiva l’Italia della possibilità di “ottocentomila profughi” in fuga dalla Libia, che è da leggere come una pressione ovvia sul governo italiano ma potrebbe diventare verosimile se la guerra civile arriva nella capitale. Washington può fermare la guerra civile e sarebbe un grande favore al governo sovranista italiano, ma il presidente americano Donald Trump è anche molto vicino al principe Bin Salman e c’è da considerare questa regola: i sovranisti non aiutano i sovranisti.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)