Il principe saudita Bin Salman ad Algeri (LaPresse)

Il gusto di MBS per il sangue

Redazione

Il “riformatore” saudita esegue condanne cruente. Cosa fa Trump?

L’Arabia Saudita martedì ha eseguito la condanna a morte di 37 persone, in gran parte appartenenti alla minoranza sciita, nella più grande esecuzione di massa da tre anni a questa parte. Secondo Associated Press il corpo e la testa mozzata di uno dei condannati (un sunnita) sono stati esposti al pubblico infilzati a un palo, come monito. I condannati a morte erano stati accusati di reati legati al terrorismo e alla formazione di cellule estremiste.

  

Anche nel 2016, quando ci fu l’ultima grande esecuzione di massa (47 persone uccise), i condannati erano quasi tutti di origine sciita. In quell’occasione, in Pakistan e soprattutto in Iran ci furono enormi proteste, perché tra gli uccisi c’era un importante leader religioso. A Teheran l’ambasciata saudita fu presa d’assalto, e da allora le relazioni tra Arabia Saudita e Iran non sono più riprese.

  

Gli esperti ritengono che queste esecuzioni, ratificate da re Salman ma probabilmente volute dal principe ereditario Mohammed bin Salman, siano un messaggio politico contro l’Iran, il grande rivale strategico di Riad nella regione. Se così fosse, sarebbe perfettamente allineato con la politica estera americana dell’Amministrazione Trump, che ha nella lotta contro l’influenza iraniana la sua unica stella polare, ma ovviamente sarebbe un messaggio irricevibile per qualsiasi paese democratico.

   

Mohammed bin Salman si era presentato sul palcoscenico mondiale come riformatore e modernizzatore epocale, ma presto si è rivelato come un despota ancora più sanguinario dei suoi predecessori. Dall’inizio dell’anno, le condanne a morte eseguite sono state circa un centinaio. Dalla terrificante guerra in Yemen fino all’omicidio imperdonabile del giornalista Jamal Khashoggi, il principe saudita ha perso credibilità e alleati, e ormai soltanto Donald Trump ha lo stomaco di associare la sua figura a quella di chi fa appendere in pubblico i corpi sfigurati dei condannati a morte.