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Le verità alternative di Casaleggio oltre il provvedimento del Garante

Valerio Valentini

Voto manipolabile, certificazioni finte, software obsoleti, credenziali condivise. Altre carte su Rousseau

Roma. Ha raccontato una post verità al Garante per la privacy, Davide Casaleggio: questo risulta evidente, dalla lettura del provvedimento pubblicato ieri dall’Authority di Antonello Soro. Ha raccontato una post verità perché, a differenza di quanto dichiarato durante un’ispezione negli uffici di Via Morone a novembre 2018, non è vero che Rousseau ha elaborato “un processo che cancella dal database i dati relativi all’espressione della volontà del votante”. Al contrario, il Garante ha rilevato “l’esistenza di un’ulteriore tabella di database contenente informazioni relative a operazioni di voto” nonché “il numero di cellulare e l’ID utente del soggetto votante” oltre che i dati relativi all’espressione di voto. Rousseau conserva dunque i dati di chi vota, e Casaleggio, tecnicamente, può consultarli a suo piacimento.

 

Ha raccontato post verità anche ai lettori di quei quotidiani che lo intervistano sempre con ossequio, Casaleggio, quando ha affermato che “abbiamo risolto tutto quanto è stato richiesto dal Garante e siamo anche andati oltre”, mentre in verità “alcune componenti software dei siti web del Movimento” risultano, a giudizio del Garante, obsolete, impossibili da aggiornare “poiché lo stesso produttore ha cessato la distribuzione di aggiornamenti” dal 31 dicembre 2013. 

 

Davide Casaleggio ha raccontato post verità ai parlamentari del M5s, quando negava che ci potessero essere profilazioni interne effettuate sulla base dei voti espressi. Ha raccontato post verità perché, al netto del fatto che queste profilazioni ci siano state oppure no, il gruppuscolo di gestori dei sistemi informatici di Rousseau e del M5s ha la possibilità di “accedere alle delicate funzionalità” del sistema di gestione del database “in cui vengono registrati i dati relativi alle espressioni di voto mantenendo una capacità d’azione totale sui dati e sfuggendo alle procedure di auditing”. Casaleggio e i suoi fedelissimi, tecnicamente, possono scorrazzare indisturbati, senza lasciare alcuna traccia, nei recessi più riservati delle piattaforme, e scoprire come i singoli votanti si sono espressi.

 

Ha raccontato post verità agli iscritti di Rousseau e del M5s, Davide Casaleggio, quegli stessi che ieri hanno fatto il loro accesso sul software per votare i loro candidati alle elezioni europee del 26 maggio. Gli ha raccontato verità alternative quando si è vantato di avere a disposizione un notaio che certificasse il voto, che apponesse il sigillo di trasparenza sulle consultazioni che di volta in volta si celebravano. E invece il Garante inchioda Casaleggio e i suoi fedelissimi, quando scrive che “sussistono forti perplessità sul significato da attribuire al termine ‘certificazione’” utilizzato dal padrone di Rousseau per riferirsi “ all’intervento di un notaio o di altro soggetto terzo di fiducia in una fase successiva alle operazioni di voto”. E insomma Valerio Tacchini, il notaio di fiducia di Casaleggio, nonché dell’“Isola dei famosi”, fatto fuori alle politiche del 4 marzo e poi graziato con un posto da consulente al Mibact, non fa altro che mettere un timbro su un risultato che gli viene consegnato senza alcuna possibilità di verificare ex post la correttezza delle procedure di voto. “I risultati delle votazioni”, scrive il Garante, restano “esposti ad accessi ed elaborazioni di vario tipo (che vanno dalla mera consultazione a possibili alterazioni o soppressioni, all’estrazione di copie anche offline)”, e lo restano “per un’ampia finestra temporale che si estende dall’istante di apertura delle urne fino alla successiva c.d. ‘certificazione’ dei risultati, che può avvenire a distanza di diversi giorni dalla chiusura delle operazioni di voto”. Altro che trasparenza: Casaleggio e i suoi collaboratori hanno di fatto tutta la possibilità di manipolare l’esito delle votazioni, prima di consegnare a Tacchini un risultato che lui si limita a definire “certificato”.

 

Casaleggio ha poi raccontato verità alternative alla sua stessa piattaforma. Lo ha fatto perché, insieme ai vari gestori “dotati di elevati privilegi per la gestione delle piattaforme” dei siti di Rousseau e del M5s, si scambiava password e identità digitali. Casaleggio e i suoi fedelissimi, insomma, condividono tra loro le rispettive credenziali. Una pratica che “impedisce di attribuire le azioni compiute in un sistema informatico a un determinato incaricato, con pregiudizio anche per il titolare, privato della possibilità di controllare l’operato di figure tecniche così rilevanti”: insomma, se ognuno può entrare spacciandosi per un altro, passando da una piattaforma all’altra, accedendo così anche a funzioni che gli sarebbero precluse, è impossibile anche individuare le effettive responsabilità per eventuali procedure erronee.

 

 

Ha raccontato post verità infine agli elettori del M5s, Casaleggio. Lo ha fatto per anni, raccontando la favola bella secondo cui “la Casaleggio Associati ha donato questo strumento al M5s”, smentita clamorosamente dalle conclusioni dell’istruttoria del Garante, che il Foglio ha potuto consultare e che sono state poi espunte dal provvedimento pubblicato ieri. Qui, infatti, si dice che “la piattaforma Rousseau è il culmine di uno sviluppo software iniziato con connotati amatoriali a opera di militanti del Movimento fin dall’inizio dell’attività politica da questo svolta”. Dunque, al di là del senso di sconforto che assale nello scoprire che la mirabolante piattaforma altro non è che l’evoluzione scomposta di un passatempo tra aspiranti nerd, ciò che si deduce da questo passaggio è che furono iscritti del M5s a creare il software, fin dal 2009: Casaleggio, semmai, a leggere l’istruttoria parrebbe essersene appropriato in seguito, sfruttando le intuizioni di qualche attivista grillino, e passando in seguito all’incasso, visto che oggi – in un ribaltamento dei ruoli – sono i parlamentari del M5s a versare nelle casse di Rousseau, cioè di Casaleggio, 300 euro al mese.