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"Il Garante non boccia solo Rousseau, ma la democrazia digitale", ci dice Pizzetti

David Allegranti

“La garanzia della sicurezza, della non hackerabilità e della segretezza del voto dato attraverso modalità digitali non c’è. Senza una legge sui partiti la democrazia sarà sempre vulnerabile”. Chiacchierata con l'ex Garante per la privacy

Roma. I più contenti del provvedimento in arrivo dal Garante per la privacy sulle verifiche dell’adempimento delle prescrizioni su Rousseau indirizzate a Davide Casaleggio – anticipato ieri dal Foglio – dovrebbero essere proprio i Cinque stelle. D’altronde, sono i maggiori teorici del corretto funzionamento della “democrazia diretta”, c’è pure un ministro dedicato alla questione, Riccardo Fraccaro, che costantemente ne sottolinea le meraviglie. “Il contributo del Garante, a prescindere da quali saranno le eventuali sanzioni, che si capiranno soltanto quando il provvedimento sarà reso pubblico, può essere positivo anche per il dibattito parlamentare in corso”, dice al Foglio Franco Pizzetti, giurista, già Garante per la privacy. Pizzetti dice che dal provvedimento dell’attuale Garante potrebbero emergere fenomeni di interesse che vanno oltre i poteri del Garante che non ha competenza in materia penale, “ma il tema più interessante che emerge dall’anticipazione del Foglio sul provvedimento del Garante, che potremo valutare solo quando sarà pubblicato, riguarda la democrazia interna dei partiti”. 

 

Un problema endemico nella Repubblica Italiana, perché la Costituzione prevede all’articolo 49 la possibilità di approvare una legge sui partiti politici e quindi di dare una regolazione pubblicistica alla organizzazione e quindi alla democrazia interna dei partiti. Il problema è che questa legge non è mai stata approvata, anche se il tema si è riproposto spesso in settant’anni di storia della Repubblica, compresa l’ultima legislatura”. In settant’anni i giudici sono stati chiamati a giudicare su molte questioni; a chi spettasse il patrimonio mobiliare (la cassa del partito) e immobiliare (le sedi) in caso di scissioni e di nascita di un nuovo partito. Non solo. Anche la ripartizione della documentazione e del materiale archivistico, compresi i dati relativi alla vita interna del partito, come il numero degli iscritti e la partecipazione alle riunioni laddove sono stati fatti verbali, è stata oggetto di decisioni dei tribunali.

 

Pensiamo soltanto alle scissioni della Democrazia cristiana e a quando nacquero l’Udc e il Ppi. Oppure pensiamo alle controversie, non del tutto risolte, nate nei partiti post comunisti, riguardanti il patrimonio immobiliare. “Questi problemi sono noti ai costituzionalisti fin dai tempi di Mortati, che hanno sottolineato come non fosse possibile trovare una soluzione se non attraverso una legge”. Per questo così spesso i vari garanti sono stati costretti a intervenire direttamente o su richiesta. “Per esempio in riferimento al fenomeno che si è verificato con le primarie del Pd, cioè con consultazioni alle quali partecipavano anche non iscritti al partito”.

 

Quando uno è iscritto a un partito sa o dovrebbe sapere che fine fanno i suoi dati in caso di partecipazione alla normale vita democratica dell’organizzazione di cui fa parte. Per un non iscritto, invece, le cose sono più complicate. Per questo c’è stato bisogno, a suo tempo, di un intervento del Garante sulle primarie del Pd. “La novità del M5s, e le azioni del Garante lo dimostrano, nasce dal fatto che questo è un partito la cui intera vita politica si svolge digitalmente, attraverso una piattaforma che per le sue caratteristiche implica la trasmissione e l’utilizzazione dei dati attraverso modalità digitali, non per alzata di mano e di tessera durante convegni”.

 

L’utilizzazione dei dati, dice Pizzetti, “è il centro del funzionamento della democrazia interna dei 5 stelle” quindi l’attenzione del Garante, fin dal 2017, “è giustificata. Dobbiamo apprezzare questa iniziativa perché qualunque provvedimento adotti è finalizzato a tutelare la libertà e i diritti fondamentali attraverso la partecipazione a un movimento politico; la tutela del trattamento dei dati fa parte della libertà e dei diritti dei cittadini”. Dunque, si chiede Pizzetti, “tutti siamo interessati a quanto il garante dirà anche perché in Parlamento si sta discutendo di democrazia diretta, con tanto di ministro dedicato, a che la piattaforma Rousseau rispetti la privacy dei suoi iscritti”. C’è naturalmente una questione, avverte però Pizzetti, che nessuno può risolvere fino in fondo. “La garanzia della sicurezza, della non hackerabilità e della segretezza del voto dato attraverso modalità digitali non c’è. Questi sistemi registrano sempre una vulnerabilità elevata. Fanno eccezione alcune modalità amministrative di elezione di commissione, come ad esempio quelle universitarie, che utilizzando un sistema a rete chiusa, una Vpn (rete di telecomunicazioni privata) il cui codice di accesso viene fornito attraverso un tagliando cartaceo”. Un sistema ben lontano dalle falle che si sono invece verificate in molti altri casi di votazione elettronica sperimentati in diverse parti del mondo.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.