Luigi Di Maio (foto LaPresse)

La tagliola “spazzacorrotti” può inguaiare la raccolta di fondi online M5s

Valerio Valentini

Il governo tenta in extremis di cambiare le sue stesse norme

Roma. C’è forse un che di provvidenziale, in questa sorta di contrappasso a cinque stelle: c’è che, cioè, il primo a finire con l’inciampare nelle mille tagliole piazzate lungo il percorso sia proprio chi quelle tagliole, in un fremito di malintesa trasparenza, le ha disseminate con zelo e con orgoglio. E così ora, nel cercare di finanziare la propria campagna in vista delle Europee del 26 maggio, il M5s rischia di violare la normativa anticorruzione che il M5s ha fortemente voluto.

 

“Spero che sarete in tanti a donare perché il M5s continua a rifiutare qualsiasi forma di finanziamento pubblico”, spiega Luigi Di Maio in un video postato sul Sacro Blog ieri mattina, nel tentativo di elemosinare il sostegno economico degli attivisti per la campagna elettorale delle Europee. “Non abbiamo lobby o multinazionali che ci supportano. E per questo vi chiedo di contribuire con una donazione alla campagna del Movimento”, insisteva il vicepremier grillino, indicando poi il link su cui cliccare per effettuare le donazioni, col tono ammaliante del Giorgio Mastrota dei tempi migliori.

 

   

Tutto, insomma, in pieno stile grillino. E tutto, però, in potenziale violazione del cosiddetto “Spazzacorotti”, la legge anticorruzione approvata a metà dicembre scorso, e festeggiata con tanto di messinscena fuori da Montecitorio coi deputati ridotti a figuranti coi cartelli in mano (“Attenzione: cambiamento in corso”) a beneficio della scenografia ideata dalla Casalino e Associati.

 

La procedura adottata da Di Maio & Co. per raccogliere soldi è quella ormai canonica: pochi click su un sito appositamente dedicato (dona.ilblogdellestelle.it). Si entra, si inserisce la cifra che si vuole donare (senza alcun limite), si inseriscono le proprie generalità (nome, cognome, indirizzo mail, numero di cellulare e codice fiscale) e si effettua il versamento attraverso carta di credito, sistema PayPal o bonifico bancario al “Comitato elettorale per le elezioni europee”, guidato dai casaleggiani Pietro Dettori ed Enrica Sabbatini, soci peraltro di quella Associazione Rousseau sanzionata giovedì dal Garante per la privacy con 50 mila euro di multa. E tuttavia, se si legge con attenzione il testo dello “Spazzacorrotti”, ci si accorge che qualcosa non torna. La legge ideata dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, infatti, vieta “alle persone fisiche maggiorenni non iscritte nelle liste elettorali o private del diritto di voto di elargire contributi ai partiti o movimenti politici”. Non possono donare, ad esempio, gli stranieri non residenti (circa 450 mila persone), né coloro ai quali, in seguito alla condanna per alcuni reati, è stato revocato il diritto di voto. Ma che questi contributori siano iscritti nelle liste elettorali è possibile appurarlo solo dopo una consultazione ex post delle liste stesse in ciascun comune: controllo tutt’altro che agevole, specie perché lo “Spazzacorrotti” impone di effettuarlo entro un mese, e non più entro tre.

 

Non solo. Esiste anche un altro problema, connesso con questo sistema di crowdfunding a cinque stelle. Bonafede ha preteso che si inasprisse la normativa già in vigore sulle donazioni abbassando anche i limiti oltre i quali è necessario che “il soggetto che eroga” i contributi e “il soggetto che li riceve” facciano una “dichiarazione congiunta”, sottoscrivendo cioè “un unico documento depositato presso la presidenza della Camera dei deputati”: fino all’anno scorso quella soglia era di cinquemila euro, ora è stata abbassata a tremila. Ma com’è possibile effettuare una dichiarazione congiunta per ciascuno dei contributori che effettua il pagamento tramite la piattaforma online? Devono esserselo chiesto anche al ministero della Giustizia, se è vero che da Via Arenula è stata elaborata una proposta di riforma da includere, in extremis, nel cosiddetto decreto crescita: quello, cioè, licenziato “salvo intese” dal Consiglio dei ministri di giovedì. Difficile stabilire cosa c’entrino le donazioni ai partiti con un provvedimento pensato nel disperato tentativo di rianimare l’economia stagnante del paese, a meno che non si pensi, appunto, all’ansia del M5s di tutelarsi da possibili cortocircuiti. E infatti tra le “modifiche e integrazioni urgenti” raccomandate dal Guardasigilli c’è proprio quella che riguarda le dichiarazioni congiunte. “Il soggetto che eroga” i contributi e “il soggetto che li riceve”, stando alla nuova formulazione proposta, sono tenuti a fare dichiarazione congiunta solo “se non si tratta di trasferimenti tracciabilità che consentono di individuare l’identità del soggetto erogatore”. Una correzione cucita su misura per il M5s e per il suo sistema di donazioni online – che in quanto digitali sono necessariamente tracciabili – e licenziata dal Cdm proprio la sera prima che Di Maio lanciasse, col suo video sul Sacro Blog, la raccolta dei fondi. Tempismo perfetto. Sempre ammesso che, nell’iter di correzione del decreto – la formula del “salvo intese” si usa appunto quando il governo si riserva di apportare modifiche – e nella successiva fase di conversione in legge, quel passaggio non venga ritoccato, o soppresso.

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