Daniele Frongia e Virginia Raggi (foto LaPresse)

La procura indaga anche Frongia, l'ultimo dei "magnifici quattro"

Massimo Solani

Dopo Romeo, Marra e Raggi, l'assessore allo Sport era l'unico fedelissimo della sindaca a essere rimasto fuori dai guai giudiziari. Ora è accusato di corruzione. Ecco chi è "l'angelo custode" della Giunta grillina

[Articolo aggiornato alle 20,30] Era l’unico dei “quattro amici al bar” che non aveva mai avuto guai con le procure, ma adesso Daniele Frongia non potrà più farne vanto. Perché dopo Raffaele Marra e Salvatore Romeo, che insieme a lui partecipavano alla chat riserervata di Telegram con la sindaca Virginia Raggi, l’ultima grana che cade sul Campidoglio riguarda proprio l’assessore allo Sport della Capitale. L’unico dei fedelissimi del “Raggio magico”, passato fin qui indenne a scandali e indagini, adesso è accusato di corruzione nell’inchiesta sul nuovo stadio della Roma, come prima di lui, fra gli altri, l’imprenditore Luca Parnasi, l’avvocato ed ex presidente di Acea, Luca Lanzalone, e infine Marcello De Vito, che dopo l’arresto di martedì ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia.

 

A tirare in ballo l’assessore, secondo quanto emerso, sarebbe stato proprio Parnasi, che lo scorso 21 settembre, interrogato dai magistrati della procura, raccontò di avere chiesto a Frongia il nome di una persona da assumere in una delle sue società, la Ampersand Srl, in qualità di responsabile delle relazioni istituzionali. All’imprenditore, che ai magistrati ha precisato di non avere mai ricevuto richieste illecite o pressioni dal politico, fu indicato il nome di una collaboratrice trentenne del Campidoglio, anche se poi l’assunzione saltò a causa del blitz che a giugno scorso portò in carcere fra gli altri Parnasi e Lanzalone. Del resto era stato lo stesso Parnasi, intercettato al telefono con l’ex presidente della Federazione Pallavolo, Carlo Magri, a spiegare che attraverso la Ampersand “ha strizzato l'occhio ai Cinquestelle, facendo progetti”, come annotarono i carabinieri in una informativa agli atti dell’inchiesta “Rinascimento” sul nuovo stadio della Roma. Un fascicolo in cui gli inquirenti hanno registrato e appuntato i numerosi contatti fra Parnasi, interessato alla ristrutturazione di molti impianti sportivi della Capitale sfruttando la legge sugli stadi, e l’assessore Frongia. “Siccome Daniele è uno che è una volpe, ha una velocità in testa che... – confidava l’imprenditore a Marcello De Vito in una telefonata inclusa nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato a Regina Coeli l’ex presidente dell’assemblea capitolina - Io con Daniele ho un buon rapporto, lui onestamente è un po’ come si dice a Roma “rintorcinato” termine giusto, mi sbaglio?”. “Ha la modalità del giocatore di scacchi russo”, chiosava De Vito.

 

“Con il rispetto dovuto alla magistratura inquirente, avendo la certezza di non aver mai compiuto alcun reato e appurato che non ho mai ricevuto alcun avviso di garanzia – è stato il commento di Daniele Frongia – confido nell'imminente archiviazione del procedimento”. Nel frattempo, però, quella della sua iscrizione nel registro degli indagati è l’ennesima tegola che cade sulla traballante Giunta Raggi dopo l’arresto di Marcello De Vito. E, per quanto lui si sia autosospeso dal M5s e abbia rimesso le deleghe, questa volta la sindaca non potrà liquidare il suo fedelissimo come ha fatto con l’ex presidente dell’assemblea capitolina, quando nello studio di Porta a Porta ha usato il veleno per dire che “è noto a tutti che lui e Roberta Lombardi non mi amavano molto”. Perché Daniele Frongia è considerato da tutti la vera mente politica di Virginia Raggi. Assieme alla sindaca, a De Vito e al suo successore in Aula Giulio Cesare Enrico Stefàno, Frongia componeva la squadra dei “magnifici quattro” che per primi entrarono in consiglio comunale per il Movimento ai tempi di Marino sindaco. E non tanto perché col suo libro “E io pago” l'assessore ha di fatto tracciato il programma della campagna elettorale che ha portato Raggi sullo scranno più alto del Campidoglio; quanto perché per quella campagna e per i primi traballanti passi da sindaca dell’amica e collega, Frongia è stato una sorta di angelo custode silenzioso. Fu proprio il suo, infatti, il nome che Virginia Raggi indicò come capo di gabinetto all’indomani dell’elezione, nomina poi saltata per il veto messo sul suo nome dalle correnti interne. Divenne allora vicesindaco, ma anche in quel ruolo Frongia ebbe vita breve, sacrificato sull’altare della obbedienza e del pubblico pentimento a cui una Virginia Raggi, di fatto commissariata, fu costretta dopo il pasticciaccio brutto dell’arresto di Raffaele Marra.

 

E così Frongia fu retrocesso ad assessore allo Sport, lui che è maestro di judo, con deleghe molto depotenziate ma non per questo meno “pensate” nella considerazione della sindaca, che alla sua competenza amministrativa si è sempre affidata per le decisioni più importanti. Anche troppo, secondo i vertici del Movimento, che alla sindaca non hanno mai perdonato gli errori commessi cercando di affidarsi a persone di sua fiducia (tipo Marra e Romeo, appunto) troppo lontane dalla linea dei vertici milanesi del M5s.