Jeremy Corbyn al party annuale dei laburisti 2017 (foto LaPresse)

Il più grande regalo ai sovranisti è avere una sinistra modello Corbyn

Claudio Cerasa

Il Corbyn che gioca con Brexit e il Mélenchon che gioca con i gilet dimostrano che a sinistra non esiste alternativa all’europeismo di Macron. Perché non basta una lista per evitare il collasso delle alternative al populismo

Apochi mesi ormai dalle elezioni, la sinistra europea, o almeno ciò che ne rimane, ha un problema importante da affrontare che riguarda un tratto cruciale della sua identità che corrisponde a una domanda semplice: che cosa diavolo vuol dire oggi discontinuità? La domanda potrebbe essere posta a un qualsiasi leader di un qualsiasi partito di sinistra del nostro continente, ma forse, in tutta Europa, il partito progressista che ha una maggiore urgenza di rispondere a questa domanda è proprio il partito che rappresenta i progressisti in Italia, ovvero il Pd. Il Partito democratico, come saprete, ha scelto con grande tranquillità di votare per il suo nuovo segretario e lo farà a marzo, non male l’idea di affrontare le elezioni regionali senza un segretario, e lo farà esattamente dodici mesi dopo la batosta elettorale del 2018, ci sono i barbari, aiuto, ma intanto, via, prendiamocela con calma. I due principali candidati del Partito democratico, Nicola Zingaretti e Maurizio Martina, hanno scelto di puntare forte, per quanto possibile, sul tema della discontinuità con il passato, e dunque con Matteo Renzi, promettendo una leadership meno solitaria, più inclusiva, più collegiale e in definitiva, come tengono spesso a ricordare i due candidati alla guida del Pd, alternativa sia a ciò che è stato il renzismo in Italia sia a ciò che rappresenta oggi il macronismo in Europa. 

 

E al di là di quello che ciascuno di noi può pensare rispetto a una ulteriore e pericolosa trasformazione genetica del Pd, il punto importante che andrebbe chiarito dalla nuova sinistra del Partito democratico non è tanto cosa voglia fare con la sinistra alla giglio magico ma è cosa voglia fare con la sinistra alla Jeremy Corbyn e con la sinistra alla Jean-Luc Mélenchon. Il dato che non potrà essere sfuggito a nessuno dei possibili leader del Partito democratico è che in buona parte dell’Europa la sinistra alternativa a quella macroniana, a quella schierata fieramente con l’Europa, a quella schierata fieramente con il mercato, a quella schierata fieramente con le imprese, a quella schierata fieramente con la riduzione delle tasse, è una sinistra destinata a essere subalterna alle peggiori forme di sovranismo populista.

 


Una sinistra che vuole essere competitiva deve pensare a come trovare una chiave giusta non per rimarcare le sue distanze da un Macron o da un Renzi ma per rimarcare le sue distanze da un sovranismo assistenzialista, anti europeo, ostile alle imprese, nemico della crescita. La presenza di una sinistra corbynista in Italia potrebbe essere il miglior alleato della Lega di Salvini per farlo governare allegramente da solo per i prossimi dieci anni


  

In Francia, lo abbiamo visto nelle ultime settimane, la sinistra alternativa a quella macroniana si è ritrovata in modo spensierato a flirtare con le insurrezioni eversive dei gilet gialli e la stessa Marine Le Pen, sostenitrice dei gilet jaunes come Jean-Luc Mélenchon, ha confessato in una intervista rilasciata al settimanale francese Valeurs Actuelles che i gilet gialli hanno “incontestabilmente” sottolineato “alcune convergenze” tra lei e Mélenchon.

 

In Gran Bretagna, invece, il compagno Jeremy Corbyn ha scelto da tempo di non fare dell’europeismo la bandiera centrale dei suoi Labour e finora ha sempre scelto di mettere il suo futuro su un piedistallo infinitamente più alto rispetto al futuro del suo paese, arrivando spesso a sovrapporre le sue posizioni sull’Europa con quelle dell’estremista conservatore Boris Johnson e rifiutandosi sia di trovare un compromesso con la nemica Theresa May sulla soft Brexit sia di trovare un compromesso in Parlamento tra i suoi parlamentari e quelli dei Tory per fare quello che giustamente suggerisce da tempo di fare Tony Blair: un secondo referendum. “Credo – ha detto l’ex primo ministro inglese a dicembre intervistato da Euro News – che oggi sia prioritario isolare i problemi britannici dalla libertà di circolazione e penso che una componente importante in qualsiasi referendum di questo tipo sarà il fatto che l’Europa sia pronta o meno a rispondere a quelle che non sono solo preoccupazioni britanniche in merito all’immigrazione, ma sono preoccupazioni a livello europeo: la libertà di circolazione delle persone in Europa deve esistere in modo uguale per tutti, non deve causare riduzioni ai salari o altri problemi ai singoli paesi”. In un’intervista fatta a novembre sulla tv inglese, Jeremy Corbyn ha avuto difficoltà a chiarire la posizione del suo partito su Brexit, e rispetto a come avrebbe votato a favore del referendum alla giornalista Sophy Ridge ha risposto così: “Non lo so, non so quali opzioni ci sarebbero sulla scheda”.

 

Tutto questo, si dirà, per sostenere che cosa? Per sostenere che una sinistra che sceglie di essere alternativa a una sinistra europeista è destinata a fare la fine della sinistra inglese e dell’estrema sinistra francese e a forza di emanciparsi dal macronismo si rischia di creare per una ragione o per un’altra un vaso comunicante con gli stessi sovranismi che oggi si promette di combattere.

 

In Italia, ma forse non solo in Italia, una sinistra che vuole essere competitiva non solo non può permettersi di trasformare Corbyn nel simbolo di una rivoluzione possibile ma non può permettersi in nessun modo di non presidiare con forza l’unico spazio che può occupare oggi un progetto politico che non deve pensare a come essere alternativo al suo passato: deve pensare a come essere alternativo al proprio presente e deve pensare a come trovare una chiave giusta non per rimarcare le sue distanze da un Macron o da un Renzi ma per rimarcare le sue distanze da un sovranismo assistenzialista, anti europeo, ostile alle imprese, nemico della crescita, incompatibile con la creazione di lavoro.

 

Una sinistra alternativa a quella macroniana rischia di essere una orrenda sinistra corbynista e la presenza di una dannosa sinistra corbynista in Italia potrebbe essere il miglior alleato della Lega di Salvini per farlo governare allegramente da solo per i prossimi dieci anni. Una lista europeista unitaria è un passo in avanti utile per non disperdere le energie contro i sovranisti ma senza marcare la propria distanza dal corbynismo con gilet grillino le alternative al populismo rischiano di essere i migliori alleati del sovranismo cialtrone. Anche no, grazie.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.